mercoledì 4 luglio 2012

I TEATRI DI CATANZARO
Volume di Franco Brescia edito da Ursini




Franco Brescia
CATANZARO - I teatri di Catanzaro tra cultura e storia è il titolo di un nuovo interessante volume di Franco Brescia, pubblicato in questi giorni dalle Edizioni Ursini.
Catanzarese per discendenza plurisecolare, l’autore è cresciuto frequentando l’Azione cattolica. Professionalmente il suo lungo e corposo percorso si è sviluppato principalmente nella “sanità” dove ha raggiunto vette ambite.
Da alcuni anni scrive per passione, soprattutto poesie. Insieme con altri, ha fondato due associazioni culturali, di cui è presidente: “Amici del Teatro Politeama” e “Teatro di Calabria A. Tieri”.
I Teatri di Catanzaro tra cultura e storia è un percorso in una delle massime espressioni dell’animo umano che permette di conoscere meglio frammenti di vita della quotidianità catanzarese, riscoprendo tradizioni dimenticate.
Dopo un rapido excursus sulle prime rappresentazioni nel periodo della civiltà minoica e dell’antica Grecia, nella configurazione del teatro come religiosità, la storia narrata dall’autore percorre tutte le altre età successive, della Roma arcaica, del medioevo, per arrivare, poi, al romanticismo fino ai giorni nostri che includono l’attuale Teatro Politeama.
Il libro è un intenso viaggio effettuato dall’autore per approfondire la storia dei teatri di Catanzaro - la cui origine risale al medioevo - con l’intento di dimostrare gli intrecci intercorrenti con quella degli altri teatri radicati nella penisola ed oltre.
Brescia fa risalire ai primi del ‘700 la presenza di un teatro a Catanzaro “anche se - dice - non è riscontrabile data certa del suo apparire nella scena della vita cittadina”.
“Si tratta di una sorta di baraccone posizionato nei pressi della Chiesa del Monte dei morti e la sua esistenza si desume da un manoscritto di De Nobili, il quale descrive che nel 1739 vi si portò Carlo III per assistere alla rappresentazione di una commedia mandata in scena da attori dilettanti e alla quale il re presenziò con molto gusto, tanto da voler premiare il primo attore con una lauta regalìa”.
Da quel periodo quindi iniziò in città un grande fermento teatrale che raggiunse il suo splendore con la costruzione del Teatro comunale: un teatro molto ampio e comunque più che sufficiente rispetto al numero dei residenti del tempo, nonché idoneo a soddisfare completamente le esigenze della popolazione di ogni ordine e grado.
“Con la costruzione del Teatro comunale - dice Brescia - la nobiltà ebbe il privilegio di occupare i numerosi palchi che erano anche riservati agli abbonati annuali; le autorità furono sistemate nelle barcacce accanto al proscenio, mentre alla popolazione media era riservata la platea che si distingueva dalla “picciunara” alla quale si accedeva con costo contenutissimo ed era, quindi, preferita dalla classe popolare.
A picciunara” fu, poi, anche l’area destinata alla claque e agli ingressi gratuiti normalmente riservati agli studenti e ai militari. Si creò così una sorta di divisione per caste corrispondente, per tanti versi, ai dettami dell’epoca. Ancora una volta Catanzaro seguì pertanto la moda sociale e culturale prevalente. Con la istituzione della “picciunara” il teatro cittadino tendeva a divenire un teatro di massa che lo avvicinava perciò, per valenza democratica, alla caratterizzazione prevalente nei teatri dell’Atene della Grecia classica, laddove si costituì il diritto di ogni cittadino di partecipare, affrancato da costi, alle rappresentazioni teatrali in ogni modo organizzate”.
“Per quanto riguarda, il termine “picciunara”, - prosegue Franco Brescia - non so se esso fosse preesistente oppure coniato per l’occasione. Ad ogni modo esso è rimasto nel dialetto catanzarese con lo stesso significato di allora e viene ancora usato per indicare le zone di strutture destinate a spettacoli pubblici che, normalmente, vengono occupate dalla “massa” per assistere alle rappresentazioni con ridottissima spesa. A picciunara, però, divenne il vero cuore pulsante del teatro catanzarese, perché in essa vi si assiepavano i popolani che, in gran parte, furono i veri intenditori di musica, dotati di orecchio musicale acuto e finissimo capace di avvertire anche il minimo errore di esecuzione”. Ma sono tanti gli argomenti sviscerati con grande competenza dall’autore. Insomma, il libro edito da Ursini arricchisce e non poco le conoscenze sulla storia della città, con aneddoti e avvenimenti storici poco conosciuti, frutto di anni di appassionate ricerche.

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