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Cropani Marina - “Kierkegaard e la dialettica della comunicazione della verità”, è il titolo dell’opera prima di Emilio Grimaldi (nella foto) pubblicata nei giorni scorsi dalle Edizioni Ursini di Catanzaro. Il libro mette a nudo tutte le manifestazioni filosofiche del pensatore danese negli anni in cui imperava l’hegelismo e l’autocompiacenza umana per restituire in suo pensiero a se stesso attraverso la sua stessa dialettica.
Soeren Kierkegaard, il “Socrate del Nord”. Soeren Kierkegaard, il poeta, il filosofo, il teologo, il mistico, l’esteta, il religioso, servito come “un canovaccio per lustrare ogni causa”, ebbe a dire Remo Cantoni. Soeren Kierkegaard, il dialettico.
“L’“imbarazzo” della comprensione che si prova quando ci si imbatte nei suoi libri - sostiene Grimaldi - è testimoniata dal suo più grande studioso, Cornelio Fabro, che ci ha lasciato questa inaspettata confessione: “la struttura della sua produzione a me pare di comprenderla meglio quando la prospetto in due momenti: prima e al di qua di ogni specificazione - e dopo e al di là di ogni specificazione. Voglio dire che quando considero Kierkegaard uomo vivo e cristiano sincero mentre sente e muove i problemi, tutto o quasi tutto mi sembra abbastanza chiaro nella selva della sua vita e della sua opera… Quando invece considero il Kierkegaard dopo e al di là di ogni specificazione - il Kierkegaard “conclusivo” o “conclusivo inconcludente”! - …mi sembra che neppure uno sia in grado di soddisfare non soltanto me, ma nessuno - esteta, filosofo, teologo, uomo, cristiano o asceta e mistico che sia”.
“Lo scrivere ha occupato tutta la vita di Kierkegaard, e la vita di lui occupa tutto il suo scrivere”, dice Fabro. Un suo coetaneo, Robert Nielsen, rincara la dose: “Egli non fu un giovane che sia diventato vecchio con gli anni, non un leggero che poi sia divenuto serio, non un esteta che più tardi sia diventato religioso: no, egli era fin da principio tutto ciò che egli poi fu, in un raddoppiamento singolare; vecchio nella sua giovinezza, serio nel suo scherzo, allegro nel suo dolore, dolce nella sua fortezza, mesto nella sua amarezza. Kierkegaard è a tal punto una natura a priori che egli quasi manca della perfettibilità”.
Ma Kierkegaard è davvero il padre dell’esistenzialismo? “Forse questa catalogazione - sostiene Grimaldi - andrà bene per i libri di storia della filosofia, ma non per chi lo legge. E soprattutto per chi riesce a capirlo, attraverso la sua stessa dialettica indirizzata all’etica”.
Il libro, inserito dalle Edizioni Ursini nella collaudata collana Galassie, si chiude con questa interrogazione: “Se scrivere su Kierkegaard significa più che di semplice ricordo, categoria possibile di una declinazione “estetica”, di una “ripresa” del suo pensiero”, ciò è possibile senza la propria personale reduplicazione etica, quale telos della sua “comunicazione”? La risposta è: “no!”
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Soeren Kierkegaard, il “Socrate del Nord”. Soeren Kierkegaard, il poeta, il filosofo, il teologo, il mistico, l’esteta, il religioso, servito come “un canovaccio per lustrare ogni causa”, ebbe a dire Remo Cantoni. Soeren Kierkegaard, il dialettico.
“L’“imbarazzo” della comprensione che si prova quando ci si imbatte nei suoi libri - sostiene Grimaldi - è testimoniata dal suo più grande studioso, Cornelio Fabro, che ci ha lasciato questa inaspettata confessione: “la struttura della sua produzione a me pare di comprenderla meglio quando la prospetto in due momenti: prima e al di qua di ogni specificazione - e dopo e al di là di ogni specificazione. Voglio dire che quando considero Kierkegaard uomo vivo e cristiano sincero mentre sente e muove i problemi, tutto o quasi tutto mi sembra abbastanza chiaro nella selva della sua vita e della sua opera… Quando invece considero il Kierkegaard dopo e al di là di ogni specificazione - il Kierkegaard “conclusivo” o “conclusivo inconcludente”! - …mi sembra che neppure uno sia in grado di soddisfare non soltanto me, ma nessuno - esteta, filosofo, teologo, uomo, cristiano o asceta e mistico che sia”.
“Lo scrivere ha occupato tutta la vita di Kierkegaard, e la vita di lui occupa tutto il suo scrivere”, dice Fabro. Un suo coetaneo, Robert Nielsen, rincara la dose: “Egli non fu un giovane che sia diventato vecchio con gli anni, non un leggero che poi sia divenuto serio, non un esteta che più tardi sia diventato religioso: no, egli era fin da principio tutto ciò che egli poi fu, in un raddoppiamento singolare; vecchio nella sua giovinezza, serio nel suo scherzo, allegro nel suo dolore, dolce nella sua fortezza, mesto nella sua amarezza. Kierkegaard è a tal punto una natura a priori che egli quasi manca della perfettibilità”.
Ma Kierkegaard è davvero il padre dell’esistenzialismo? “Forse questa catalogazione - sostiene Grimaldi - andrà bene per i libri di storia della filosofia, ma non per chi lo legge. E soprattutto per chi riesce a capirlo, attraverso la sua stessa dialettica indirizzata all’etica”.
Il libro, inserito dalle Edizioni Ursini nella collaudata collana Galassie, si chiude con questa interrogazione: “Se scrivere su Kierkegaard significa più che di semplice ricordo, categoria possibile di una declinazione “estetica”, di una “ripresa” del suo pensiero”, ciò è possibile senza la propria personale reduplicazione etica, quale telos della sua “comunicazione”? La risposta è: “no!”
3 commenti:
Aprecio Kierkegaard. O Banquete marcou-me para sempre, porque o li muito nova -que seria vida sem recordação?
Venho desejar-te um 2010 pleno de saúde.
Beijo
L’uomo non fa quasi mai uso delle libertà che ha, come per esempio della libertà di pensiero; pretende invece come compenso la libertà di parola.
Kierkegaard
Mi piace tanto questo suo pensiero.
Sereno Natale
Olá Domenico
Peço perdão porque hoje não vou comentar o post. É só para lhe dar um abraço de Boas Festas
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