martedì 4 agosto 2015

Benigni: “Vaffanculo alla maggioranza”

Ragioni culturali e politiche dell’unica opzione veramente laica e libertaria possibile oggi in Italia.

di Domenico Condito

Simone Weil ci ha insegnato che la più grande causa dell’oppressione sociale è l’esistenza di privilegi. In Italia il più grande dei privilegi è quello dell’impunità garantita agli uomini di potere, che oggi sancisce di fatto la diseguaglianza dei cittadini davanti alla legge. Si tratta dell’attacco più grave mosso alla libertà e allo stato di diritto del nostro Paese negli ultimi sessant’anni. Una condizione creata ad arte nell’era “berlusconiana” attraverso le leggi ad personam e i decreti governativi che la coalizione di centrodestra ha approvato “in nome del popolo sovrano”, godendo di fatto del consenso della maggioranza degli italiani. Una condizione che si tende a consolidare nell’era “renziana” con la stretta sulle intercettazioni, con il voto del Senato che salva dall'arresto il sen. Azzolini, o la proposta dell’istituto del silenzio-assenso tra amministrazioni pubbliche, quando si tratta di esprimere pareri o concedere autorizzazioni per opere in aree vincolate. Un provvedimento, quest’ultimo, che di fatto, se approvato, andrà a legalizzare operazioni speculative di pochi privilegiati in aree di pregio paesistico e storico-culturale, che potranno essere cementificate dopo i 60 giorni dalla richiesta del parere, un tempo spesso insufficiente per il pronunciamento degli esperti. 
La verità, come scriveva Simone Weil, è che “i potenti, siano essi sacerdoti, capi militari, re o capitalisti, credono sempre di comandare in virtù di un diritto divino; e quelli che sono loro sottomessi si sentono schiacciati da una potenza che pare loro divina o diabolica, in ogni caso soprannaturale. Ogni società oppressiva è cementata da questa religione del potere, che falsifica tutti i rapporti sociali permettendo ai potenti di ordinare al di là di ciò che possono imporre”.
Succede nel nostro Paese, dove il senso dell’oppressione dei cittadini è come sublimato in una sorta di “consacrazione”, sottomissione cieca e assoluta, all’uomo o alla donna della provvidenza, siano essi capo del governo, presidente di regione o sindaco. È questa naturale propensione del popolo italiano all’autoflagellazione, al delirio “mistico” collettivo, già conosciuta in epoca fascista, che spiega il consenso acritico della “maggioranza” dei cittadini al potere politico e ai suoi leader di turno. Tanti “iman cristiani” a capo delle congreghe del “bene” contro il “male”, della “verità” contro le “falsità” dei loro presunti detrattori, sempre da screditare perché beceri, faziosi e invidiosi, assumendo una terminologia più prossima al linguaggio di una “setta” che non a quello di un pensiero politico civile e moderno. Ed è una maggioranza di “adepti”, di fondamentalisti, quella che garantisce al suo “capo religioso” quell’uso criminoso del potere che nessun consesso civile in Occidente è disposto a riconoscere a qualsivoglia leader politico o capo di governo o sindaco.
Può succedere, allora, che un sindaco qualsiasi del bel paese, a nord o a sud, realizzi delle opere abusive in una area assoggettata a vincolo paesaggistico e idrogeologico, e che poi tenti di “ripulirle” con una sanatoria; mentre, al contempo, ordina la demolizione e il ripristino dei luoghi a dei privati cittadini per delle opere abusive realizzate in aree sottoposte agli stessi vincoli. E tutto questo senza che si levi una sola voce di protesta, senza che nessuno pretenda il pieno rispetto delle regole, ma per tutti, nessuno escluso.
Oscuramento della ragione, delirio di massa, imbarbarimento delle istituzioni, declino etico e civile della nostra società. Le conseguenze di un degrado sostenuto troppo spesso a colpi di maggioranza, nazionale o locale, che resistono prepotentemente alle ragioni dell’etica pubblica, della democrazia, della civiltà.
E troppo spesso, contro questo esercito di “anime morte”, l’unica opzione veramente possibile è un forte, sprezzante e incontenibile “vaffanculo”!

Roberto Benigni - Riunione Condominio - Vaffanculo alla maggioranza

Caminia di Stalettì - La chiesa medievale di Panaia la segnalò Giuseppe Zangari

Era il segretario del Parco Archeologico di Scolacium a Roccelletta di Borgia quando, nel 1991, indicò l’affioramento dell'abside di età medievale alla prof.ssa Ghislaine Noyé.

Pubblicata oggi sulla Gazzetta del Sud la rettifica di Domenico Condito a un articolo di domenica scorsa.

Gazzetta del Sud - Edizione Catanzaro
Martedì, 4 agosto 2015 - p. 22

Ho inviato giusto ieri una rettifca alla Gazzetta del Sud relativa ad alcune affermazioni  contenute nell’articolo “Caminia, gioiello naturale e archeologico”, firmato da Rosario Casalenuovo e pubblicato dal giornale lo scorso 2 agosto. Nella descrizione dell’area archeologica di Panaia, si legge che “gli archeologi dell’École Française de Rome hanno potuto individuare nel luglio del 1991, grazie all’intuito determinante del presidente locale dell’ente morale Archeoclub d’Italia, i resti di una chiesetta bizantina dedicata alla Madonna”. In realtà, l’archeologa Ghislaine Noyé, che realizzò appunto lo scavo d’emergenza a Panaia nel 1991, nella sua pubblicazione sui risultati dell’indagine archeologica scrive che “lo scavo è stato realizzato su segnalazione del sig. G. Zangari, Segretario del Parco Archeologico di Scolacium, in loc. Roccelletta di Borgia, dopo una ricognizione effettuata collo stesso, che desideriamo qui ringraziare” (vedi: Ghislaine Noyé, Scavi medievali in Calabria, A: Staletti, scavo di emergenza in località Panaja, Archeologia Medievale, 20, 1993, p. 499). Analogo riconoscimento al sig. G. Zangari è contenuto nella relazione tecnico-scientifica datata 06.07.1991, protocollo Parco Archeologico di Scolacium – Roccelletta di Borgia n. 121, con la quale la Noyé segnalò alla Soprintendenza Archeologica della Calabria il rinvenimento della chiesa subito dopo la realizzazione dello scavo. La stessa Soprintendenza Archeologica, nel parere di competenza sui lavori realizzati dal Comune di Stalettì a Panaia, datato 22.07.2015, scrive che “si ritiene opportuno precisare che l’area oggetto dell’intervento è nota archeologicamente fin dagli anni ’90 del secolo scorso, quando l’allora segretario del Parco Archeologico di Scolacium sig. G. Zangari segnalò, d’intesa con il funzionario archeologo dott. R. Spadea, l’affioramento di resti murari (abside) di età medievale alla prof.ssa G. Noyé, che guidava una missione dell’École Française de Rome nei luoghi cassiodorei del comprensorio”. 

Nello stesso articolo pubblicato dalla Gazzetta del Sud, il Casalenuovo non riferisce che l’area archeologica di Panaia si sviluppa ben oltre il punto in cui affiora l’abside della chiesa bizantina indagata dalla prof.ssa Ghislaine Noyé. Ad attestarlo sono le rilevazioni tecnico-scientifiche dell’archeologa A. Racheli e della prof.ssa E. Zinzi, che hanno documentato la presenza nell’area di un importante insediamento medievale. Tutto ciò è confermato, con dovizia di particolari, dalla stessa Soprintendenza Archeologica che, nel parere già citato, definisce Panaia “un sito di notevole interesse archeologico”. Nel documento si legge, inoltre, che l’area si colloca “al centro di un luogo di ancoraggio legato anche alla chiesa o monasterio di San Martino e ai piedi del Castrum presso Santa Maria del Mare (già de Vetere) e con un’ottima sorgente ancora attiva”. Viene stabilita così una relazione molto stretta e significativa tra l'insediamento medievale di Panaia e i luoghi cassiodorei presenti sul territorio stalettese. Tutto ciò, è scritto ancora nel parere, “spingeva la Soprintendenza, nell’occasione della richiesta d’uso dell’area come parcheggio temporaneo, a notificare il 20 settembre 2000 all’Amministrazione comunale il vincolo archeologico e l’assoggettamento dell’area, già a vincolo paesaggistico ai sensi della L. 1497/1939, al Demanio pubblico”. 

La polemica delle scorse settimane riguarda il fatto che nell’area di Panaia, sottoposta a vincolo paesistico e archeologico, il Comune d Stalettì ha avviato i lavori per realizzare un’area turistica attrezzata senza disporre dei pareri, prescritti dalla legge, delle Soprintendenze competenti. Solo in seguito agli esposti dei consiglieri di minoranza e alla campagna mediatica lanciata da “Utopie Calabresi” e dalla stampa regionale, il Comune ha richiesto i pareri alle autorità competenti per poter proseguire i lavori, tentando in extremis un’improbabile sanatoria. Non si tratta quindi di “si dice”, come si legge nella Gazzetta, ma di fatti acclarati sui quali, vista la durezza del contrasto in atto, non è ammissibile alcuna forma di leggerezza o approssimazione. Al momento i lavori sono ancora fermi e la gravità della vicenda è stata denunciata dal deputato Paolo Parentela nella sua nota interrogazione parlamentare al Ministro dei Beni Culturali. 

Domenico Condito
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