lunedì 28 febbraio 2011

Conservatorio di Cosenza - Concerto in manifestazione con Presidente Corte Costituzionale


Il Conservatorio di Cosenza prenderà parte alla manifestazione, programmata per il 1 marzo, organizzata dal Comune di Cosenza come avvio delle celebrazioni per il 150esimo anniversario dell’Unità d’Italia. Protagonista sarà il professor Ugo De Siervo, Presidente della Corte Costituzionale.
Sul palcoscenico del Teatro “Rendano” saliranno Orchestra e Coro del Conservatorio “Stanislao Giacomantonio”, 130 elementi fra docenti, studenti dei corsi superiori ed ex allievi. Il coro è stato preparato dal M° Luciano Luciani, dirigerà il M° Donato Sivo.
Il programma musicale è stato impaginato tenendo conto dell’importante occasione celebrativa. È incentrato sul repertorio dell’Ottocento italiano: pagine di Giuseppe Verdi e di Gioachino Rossini che hanno contribuito a creare la coscienza musicale nazionale del popolo italiano e rappresentano l’emblema sonoro di un periodo storico.
La cerimonia sarà aperta dall’Inno di Mameli, il concerto si concluderà con la Sinfonia tratta da
I Vespri Siciliani di Verdi. Questa Sinfonia, insieme a quella del Nabucco e maggiormente i celebri cori “Và pensiero” (sempre dal Nabucco) e “O Signore, dal tetto natio” (da I Lombardi alla prima crociata) sono associati ai moti risorgimentali. Molto conosciute e apprezzate dal pubblico risultano le Ouverture delle opere di Rossini. Saranno eseguite quelle del Guglielmo Tell e dell’Italiana in Algeri; considerate dei capolavori, sono fra i migliori frutti dell’Italia musicale dell’epoca.

Pia Tucci
ufficiostampa@conservatoriodicosenza.it
3385048865

Il M° Donato Sivo dirige Orchestra e Coro del Conservatorio di Cosenza

Note illustrative a cura di Daniela Piraino
Giuseppe Verdi - L’excursus attraverso le opere di Verdi si apre con I Lombardi alla prima crociata. Rappresentata alla Scala di Milano nel 1843, sulla scia della trama legata alla spedizione volta alla conquista di Gerusalemme, seppe suscitare palpiti di amor patrio. La celebre preghiera dei crociati “O Signore, dal tetto natio”, tratta dal quarto atto, per il suo travolgente lirismo divenne presto popolare in tutta la penisola.
In scena nel 1842, sempre a Milano, Nabucco fu il trampolino di lancio per la carriera di Verdi. Composta su libretto di Temistocle Solera, l’opera segue le difficili condizioni degli Ebrei quando furono aggrediti ed esiliati dalla loro terra. Il celebre coro “Và pensiero”, canto pervaso di dolore e di umanità degli schiavi ebrei, acquistò subito un significato altamente patriottico per gli italiani e divenne l’inno risorgimentale della nascita della nazione.
L’idea di un’opera che avesse per tema la congiura dei Vespri siciliani risale al 1848, quando Verdi era alla ricerca di un argomento intonato al momento pieno di rivolgimenti politici. Eugéne Scribe si incaricò della stesura del libretto. L’opera debuttò nel giugno del 1855 al Théâtre de l'Académie Impériale de Musique, pochi mesi dopo al Teatro Regio di Parma col titolo Giovanna de Guzman e con l’azione spostata al Seicento: i siciliani travestiti da portoghesi e gli oppressori diventati spagnoli per evitare la censura.

Gioachino Rossini - Le pagine di Guillaume Tell, fin dalla celebre Ouverture, sono vivificate da una tensione drammatica fino ad allora ignota alla musica di Rossini. L’opera allestita per la prima volta all’Opéra di Parigi nel 1829, è uno dei lavori rossiniani più originali. L’Italiana in Algeri è un dramma giocoso su libretto di Angelo Anelli. Allestita nel 1813, stabilisce gli standard dell’opera comica rossiniana, in equilibrio tra farsa e sentimento, non senza la presenza di stilemi tipici dell’opera seria, in uno straordinario equilibrio formale. L’Ouverture è una delle più fantasiose per invenzione melodica e inedite soluzioni formali.

Curriculum di Donato Sivo
Nato a Bari nel 1963, ha conseguito il Diploma di Direzione d’Orchestra con Giovanni Pelliccia presso il Conservatorio Duni di Matera con il massimo dei voti, il diploma di Musica Corale e Direzione di Coro con G. Panariello presso il Conservatorio di Avellino, il Diploma in Pianoforte con H. Pell presso il Conservatorio di Bari, il diploma di compimento medio di composizione con G. Gigante ed il Diploma di Direzione d’Orchestra con D. Renzetti, presso l’Accademia Musicale Pescarese e, al “Wiener Meisterkurse fur Musik” con J.Kalmar a Vienna,
Ha seguito corsi di perfezionamento in Direzione d’Orchestra tenuti dai Maestri: G. Kuhn, N. H. Samale, Duarte e ha diretto diverse orchestre (Orchestra della Provincia di Bari e di Lecce, Orchestra Sinfonica di Lugano, Orchestra Sinfonica “Mario Gusella” di Pescara ecc.), riscuotendo calorosi consensi sia di pubblico che di critica.
Nel 1996 è stato vincitore di una borsa di studio al corso triennale di qualificazione professionale per Direttori di Coro della Regione Toscana ed Unione Europea sotto la guida di docenti di fama internazionale tra cui: Renè Clemencic, Gary Graden, Roberto Gabbiani ecc.
Nel novembre 1997 ha vinto il secondo premio ( primo non assegnato), dirigendo il Coro Orffea al XIV Concorso Polifonico Nazionale “Guido D’Arezzo”, oltre al premio F.E.N.I.A.R.C.O. quale miglior coro dell’intero concorso. Presidente di Giuria M° Romano Gandolfi.(gia’ maestro del coro della scala)
Dal 1998 che collabora stabilmente con Diego Fasolis, Direttore del Coro della Radio Svizzera Italiana: Johannes Passion e Integrale dei Mottetti di J.S.Bach; Christus di Mendelssohn; Membra Jesu Nostri di Dietrich Buxtehude; Vespro della Beata Vergine di Claudio Monteverdi, Messiah di G. F. Haendel, incidendo per la casa discografica ARTS.
Nel 2003 partecipando al III concorso Nazionale Di Cori Polifonici in Benevento, la Giuria ha confermato, per il secondo anno consecutivo, un premio speciale per la Miglior Direzione ricevendo la medaglia del Presidente della Repubblica e il III premio con il Coro Orffea.
Come Maestro del coro ha collaborato con direttori d’orchestra quali: Donato Renzetti, Luis Bacalov, Bruno Aprea, ecc..
Nelle stagioni liriche del 2000 e 2002, del Teatro Petruzzelli di Bari, è stato nominato Maestro del Coro nelle seguenti opere: La Traviata di Giuseppe Verdi, Così fan tutte di W.A. Mozart, Madama Butterfly di Puccini; negli anni 04/05 nella stagione lirica del Teatro Politeama greco di Lecce nelle opere: Il Turco in Italia con la regia di Pizzi, Andrea Chenier, La Cenerentola. A dicembre 04 il coro “Città di Taranto” nella stagione lirica di Taranto (direzione artistica Martinucci), nelle opere Cavalleria Rusticana e Pagliacci.
Nella stagione lirica del 2006-07, della Fondazione lirico-sinfonico “Teatro Petruzzelli e Teatri di Bari”, è stato nominato altro Maestro del Coro nelle seguenti opere: Vedova Allegra, Cappello di Paglia di Firenze, Tosca, Attila e IX Sinfonia di Beethoven .
È titolare della cattedra di Esercitazioni Orchestrali presso il Conservatorio “S. Giacomantonio” di Cosenza e nel 2007 è stato nominato Direttore Artistico del Festival dell’Aurora, giunto alla sua undicesima edizione.

domenica 27 febbraio 2011

Cosenza, Palazzo Arnone - Mostra: Sila Dono Sovrano

Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare 
DIREZIONE PER LA PROTEZIONE DELLA NATURA 
ENTE PARCO NAZIONALE DELLA SILA 

Ministero per i Beni e le Attività Culturali 
DIREZIONE REGIONALE PER I BENI CULTURALI 
E PAESAGGISTICI DELLA CALABRIA 
SOPRINTENDENZA PER I BENI STORICI, 
ARTISTICI ED ETNOANTROPOLOGICI DELLA CALABRIA 

MOSTRA 

Sila Dono Sovrano 
Una mostra fotografica e un libro per celebrare la Sila 
Cosenza – Palazzo Arnone 
26 febbraio 2011 - 27 marzo 2011

Fino al 27 marzo prossimo a Cosenza, Palazzo Arnone, sarà possibile visitare la mostra fotografica Sila Dono Sovrano
L’evento espositivo racconta, attraverso gli scatti di grandi maestri dell’obiettivo, bellezza, fascino e suggestione di una realtà naturalistica tra le più significative d’Italia e d’Europa: la Sila. 
Antonio Manta, Tony Atheron, Paola Binante, Francesco Granelli, Paolo Pagni e Pietro Vallone hanno dato vita a un reportage - circa 90 opere - che della Sila presenta la forza della natura, luoghi, ambienti, strumenti, scorci di paesi, oggetti che identificano questo straordinario lembo di Calabria, cuore verde del Mediterraneo. 
Un tour per i luoghi dell’altopiano silano, durato circa un anno, che ha coinvolto gli artisti in un’avventura umana e culturale ispirando loro riflessioni, tradotte poi in immagini, sul territorio e soprattutto sulla gente dell’antica selva brutia. Le opere interpretate in chiave personalissima da ciascun autore esprimono la grande forza evocativa della fotografia che assume la dimensione di opera d’arte e insieme quella di documento umano e sociale. Sila Dono Sovrano è anche un progetto editoriale, a cura di Elena Paloscia, che presenta tutte le opere in esposizione. 
La mostra è stata inaugurata a Cosenza, Palazzo Arnone, ieri sabato 26 febbraio. Sono intervenuti: Wanda Ferro, presidente Provincia Catanzaro; Gerardo Mario Oliverio, presidente Provincia Cosenza; Stanislao Francesco Zurlo, presidente Provincia Crotone; Salvatore Perugini, sindaco di Cosenza; Francesco Prosperetti, direttore regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Calabria; Sonia Ferrari, presidente Ente Parco Nazionale della Sila; Fabio De Chirico, soprintendente per i Beni Storici, Artistici ed Etnoantropologici della Calabria e Elena Paloscia, storico e critico d’arte. Erano presenti gli artisti. Nel corso della serata si è tenuto inoltre un concerto dell’Umberto Napolitano Trio featuring Tiziana Grezzi, a cura del Peperoncino Jazz Festival. 
A cura di Fabio De Chirico, Sonia Ferrari e Antonio Manta, la mostra si avvale del patrocinio del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare e del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, della Regione Calabria, delle Province di Catanzaro, Cosenza e Crotone e di Federparchi/Europarc.
La mostra rimarrà aperta al pubblico tutti i giorni dalle ore 10.00 alle 18.00, escluso lunedì.

Atheron


Binante


Granelli


Manta


Pagni


Vallone

GLI ARTISTI E LE OPERE 
Testi di Elena Paloscia tratti da Sila Dono Sovrano

TONY ATHERON 
Tony Atheron, autodidatta, ha cominciato a fotografare in giovanissima età dopo aver ricevuto in regalo la sua prima macchina fotografica. Ormai esperto fotografo, stampa in bianco e nero nella propria camera oscura. Recentemente si è dedicato alla fotografia digitale gestendo sempre perso- nalmente tutte le fasi del processo, dallo scatto alla stampa. Suo interesse prevalente è nel paesaggio, di cui interpreta metaforicamente le interazioni con l’uomo e le trasformazioni nella sua terra. Le sue fotografie sono pubblicate in riviste di architettura a tiratura nazionale. Ha partecipato a varie mostre collettive. 

RICORDI ELLENICI 
L’acqua è una delle glorie della Sila: ovunque sgorga in freschi ruscelletti fra i ciottoli e scorre giù per le pendici per unirsi ai grandi torrenti che vanno verso le terre costiere, malsane e desolate della Magna Grecia...Uno dei fiumi maggiori è il Neto , il classico Nehaithos cantato da Teocrito che sfocia in mare a nord di Crotone: S. Giovanni sovrasta le sue acque furibonde e aiutandosi un poco con l’immaginazione è possibile seguirne l’intero corso dalla cima del Pettina Scura.
Norman Douglas, 1915 

Con queste parole al principio del secolo scorso il viaggiatore scozzese Norman Douglas aveva descritto una delle peculiarità fondamentali del territorio silano, l’abbondanza di acque e al tempo stesso nel descrivere il corso del fiume Neto parla di “acque furibonde”, di quelle stesse acque che portano energia, vita, mistero e sono state per i greci vie d’accesso in un territorio incognito, ancora vergine. Proprio a quei pionieri provenienti dall’“Ellade luminosa”, di cui restano scarse vestigia nelle sepolture rinvenute nella valle del Neto, rende idealmente omaggio il lavoro di Tony Atheron, ispirandosi a coloro che non si sono lasciati spaventare dall’ignoto, da quanto avrebbero trovato una volta risalito il fiume. Percorrendo a ritroso l’antica migrazione, a partire dalle sorgenti e scendendo fino al mare, il fotografo evoca la leggenda delle donne troiane, prigioniere degli Achei, che stanche di girovagare diedero fuoco alle navi per porre fine al viaggio ed alimenta l’immaginario svelando vedute e scorci d’intensa poesia. Il lavoro di Atheron si snoda così in un percorso della memoria in cui una patina d’antico rende tutto più sfumato e lontano. Nel fluire delle acque, negli scorci dei paesaggi che il fiume Neto solca attraverso luoghi impervi o distese pianeggianti ritroviamo allora le radici di un popolo, forse di tutti i popoli. L’acqua è elemento primario, non a caso il fotografo utilizza la tecnica del “fuoco selettivo”, ma lo scenario che la circonda mostra indizi di un passaggio umano. La felce, pianta primitiva, sembra qui rappresentare il senso della continuità, della storia. Seguendo il percorso attraverso immagini ricche di prospettive audaci e coinvolgenti ritroviamo nel tempo presente una costante della storia della Sila, i tronchi d’albero tagliati. Sono un particolare eloquente, evocano la spoliazione dei boschi, il loro sfruttamento sin dall’antichità per il legname e per la pece, la linfa preziosa di cui i pini silani erano prodighi. Un sottile filo rosso conduce inevitabilmente alla storia più recente che ha visto la distruzione delle foreste nel corso dell’ultima guerra. Dietro questa immagine si legge tuttavia anche un’altra storia, quella dell’uomo, della sua relazione con il bosco, con la vegetazione spontanea, con l’albero che contende il territorio all’uomo e che sottrae terreno alle coltivazioni, alle possibilità di sussistenza. Eppure sono ancora loro, gli alberi e il fiume, i protagonisti del paesaggio, oggi che la cultura muta rapidamente in una direzione opposta, in cui la sinergia tra uomo e ambiente appare prioritaria. Per questa ragione il lavoro di Tony Atheron sembra costituire un lirico ed intenso compendio di storia di una civiltà: qui l’uomo non appare ma lascia indelebili le sue tracce nonostante la ferma determinazione della natura a riappropriarsi del territorio, come già aveva sottolineato l’umanista Giovanni Pontano, scrivendo “il rinnovellarsi spontaneo della selva cancellava le devastazioni e nascondeva le vicende umane addensatesi sulla plurimillenaria foresta”.

PAOLA BINANTE 
Paola Binante è nata a Roma, vive e lavora a Bologna. Fotografa professionista, è docente di Fotografia presso l’Università degli Studi ISIA (Istituto Superiore per le Industrie Artistiche) di Urbino. Dal 1984 si occupa di Fotografia d’Arte; a partire dal 2000 ha inizio la sua ricerca artistica che si sviluppa in due direzioni: sperimentale e concettuale. Ha esposto in Italia e all’estero in occasione di importanti mostre personali e collettive tra cui: la XIV Quadriennale di Roma, 2004; Fotografia Festival Internazionale di Roma (diverse edizioni); “Smack” Brewery Project Los Angeles-USA, 2005; “Natura e Metamorfosi”, Shanghai e Pechino, 2006; “Homage à Marco Bianco” Galleria In Camera, Monaco Monte Carlo, 2008; “Ordinary China”, Galleria Anna D’Ascanio, Roma, 2008; “Experimenta-Collezione Farnesina Giovani”, Ministero degli Affari Esteri, Roma (2008,2010); Lucca Fotofestival, Lucca, 2010. Le sue fotografie e i suoi testi sono presenti in prestigiosi cataloghi d’arte. 

L’ORO DEI BRIGANTI 
La cultura è una struttura di significati trasmessa storicamente, incarnati in simboli, un sistema di concezioni ereditate espresse in forme simboliche per mezzo di cui gli uomini comunicano, perpetuano e sviluppano la loro conoscenza e i loro atteggiamenti verso la vita.
Clifford Geertz, 1997

Scoprire una terra attraverso le sue testimonianze materiali è l’impegno di Paola Binante che da anni lavora come fotografa ed artista alla ricerca di quelle tracce che legano il passato al presente. Scegliendo “oggetti di uso comune, che partecipano della vita quotidiana di gran parte delle persone” ne sottolinea non soltanto la valenza funzionale, ma anche il “significato simbolico condiviso”. In questo lavoro sulla Sila sceglie il titolo “L’oro dei briganti” a partire da una suggestione, letteraria, storica e, perché no, leggendaria per indagare una natura, che per gli abitanti della Sila è stata madre e matrigna al tempo stesso. La Sila con le sue foreste ha accolto questi esseri entrati nel mito e li ha nascosti nei recessi più inaccessibili, ma talvolta li ha traditi riconsegnandoli ad un mondo governato da quei soprusi da cui la maggior parte tentava di fuggire. Proprio in queste esistenze in fuga la storia riconosce gli artefici degli insediamenti e dei borghi più remoti della Sila sorti in territori difficili per il clima e per la viabilità. Eppure, quelle popolazioni hanno saputo affrontare un territorio ostile rendendolo fecondo, cogliendone i frutti spontanei, lavorando con costanza ed impegno per la sopravvivenza. La testimonianza di tutto questo è ancora oggi sotto i nostri occhi, è l’interazione dell’uomo con la natura, il suo ingegno, quella stessa “operosità” che, superato l’abusato mito del “buon selvaggio”, ammiravano e ricordavano i viaggiatori stranieri nei loro scritti sulla Calabria e sulla Sila. La lettura di un luogo “attraverso il racconto ideale delle sue origini trasposto al quotidiano” costituisce, nel lavoro di Paola Binante, il filo conduttore che lega il paese di Longobucco (CS), nella parte nord della Sila grande, a Sersale (CZ), inizio del Parco a sud della Sila piccola. È proprio questo che la fotografa sottolinea, la necessità di conservare memoria di ciò che oggi appare scontato, di quegli oggetti con cui spesso si ritrova il contatto, e si scopre il senso solo nelle sale dei musei demoetnoantropologici. Per tale ragione la ricerca che sottende la fase iniziale del suo progetto ha un ruolo determinante. Diviene una sorta di paradigma indiziario attraverso l’individuazione di elementi noti e al tempo stesso sconosciuti ai più nei valori intrinseci di cui sono portatori. Così, ad esempio, i volti in pietra e le maschere apotropaiche inclusi nelle mura di un antico palazzo nobiliare di Longobucco richiamano nell’immaginario della Binante i briganti, ma non solo: queste decorazioni evocano anche l’antica arte di scolpire la pietra. Ecco allora, è proprio lì, sotto gli occhi di tutti, l’oro dei briganti: il tesoro che si crede nascosto da qualche parte è la capacità umana di trasformare ciò che ci circonda, di creare oggetti d’uso comune, di saper utilizzare i prodotti del bosco, come i funghi e le castagne, della pastorizia, creando il “delicato formaggio” di cui già parlava Cassiodoro, e dell’agricoltura, come le patate, le olive o il pane. L’eco delle “bottegucce che espongono i loro prodotti in guisa di nature morte” di cui parla Piovene durante il suo viaggio in Italia nel 1957, nel lavoro di Paola Binante si trasfigura in concetto: l’idea di continuità tra passato e presente che sottende in questi luoghi ad ogni gesto e ad ogni attività quotidiana nel solco di una tradizione radicata. La fotografa rende esplicito questo concetto e va alla fonte, senza sentimentalismi, senza ovvietà, con rigore, creando immagini nitide, fotografate su fondi neutri come un vecchio lenzuolo di lino. Questi scatti restituiscono ad oggetti e prodotti semplici, emblemi di una vitalità inesauribile, un’ideale collocazione spazio-temporale inserendoli in un flusso che non ha tempo. Assumono quindi essi stessi un valore apotropaico che contribuisce a scongiurare, almeno in parte, ciò che l’antropologo Ernesto de Martino aveva definito “Apocalisse culturale”.

FRANCESCO GRANELLI 
Francesco Granelli è nato e vive a Montevarchi (Arezzo).Verso la metà degli anni Settanta si è av- vicinato alla fotografia spinto dal desiderio di documentare i propri viaggi. Nel 1978 partecipa ad un seminario organizzato dalla Kodak con il maestro Franco Fontana; da questa esperienza nasce una profonda passione che dà vita ad una personale ricerca fotografica orientata verso il reportage e la fotografia di architettura. Il suo lavoro sembra confermare l’idea proustiana che “il vero viaggio di scoperta non consiste nel cercare nuove terre, ma nell’avere nuovi occhi”. Nei suoi reportage ritrae le metropoli creando isolate geometrie che riproducono una sorta di ricomposizione dello spazio, non una fotografia della realtà ma una rappresentazione del reale. Nel 2005 pubblica il libro fotografico “Images from global village”. Diverse le partecipazioni ad eventi fotografici, tra cui numerose mostre personali e collettive in Italia ed all’estero.

L’ORA DEL SONNO 
La strada sale per trecento metri circa in un nastro serpeggiante di polvere bianca e il sonnolento procedere verso l’alto sotto l’azzurro incendiato di sole tra il canto delle cicale, sembrava eterno. Non si scorgeva anima viva; il silenzio era caduto sul mondo e il grande Pan regnava. Infine entrammo in un paesetto dove, ancora una volta trovammo una quiete mortale. Era l’ora del sonnellino pomeridiano. 
Norman Douglas, 1915 

Così l’autore di Old Calabria si esprime in occasione del suo arrivo a Spezzano. Il silenzio, lo stesso che si avverte nei boschi e nelle grandi distese innevate, pervade ancora oggi anche i paesi ritratti nelle fotografie di Francesco Granelli. Palazzi, case, scorci, balconi e finestre disegnano geometrie che talvolta sfiorano l’astrazione. Il nuovo e il vecchio convivono, la pietra lascia spazio al cemento, l’intonaco, colorato talvolta con colori decisi e squillanti, sembra ribadire quel senso di proprietà che sin dai tempi antichi sceglieva il colore come nota distintiva generando, per dirla con Piovene, “Case festose che variano da luogo a luogo secondo il clima in raggruppamenti di tinta vivace diversa”. Addentrandosi nei vicoli e nelle strade di questi luoghi emerge un tratto comune: una presenza umana remota, solo suggerita, che è possibile cogliere solo osservando il battente della finestra aperta, la tendina scostata o i panni stesi. Si fa strada lo spettro dell’abbandono e quei pochi indizi riconducono ai tempi in cui la soglia, come la finestra, erano diaframmi tra l’interno e l’esterno e consentivano di vedere senza essere visti. L’idea di paese come “luogo ove si dispiega sommandosi il potere rassicurante della casa”, spazio in cui l’uomo, come spiega Faeta, strappando all’ignoto una sua parte e trasformandola in noto è riuscito a “trasformare uno spazio ostile minaccioso in spazio propizio e protettivo attraverso un’immensa opera di domesticazione”, sembra qui lasciare il passo a profonde mutazioni sociali che vedono l’emigrazione come una delle risposte più comuni al disagio. Ormai lontani i tempi in cui i viaggiatori stranieri non mancavano di rimarcare una povertà ed un degrado attribuiti alle continue dominazioni subite dalle genti della Sila, e passato quasi mezzo secolo dagli accurati resoconti socioeconomici di Piovene sulla riforma agraria del dopoguerra, in cui scrive “Si vede oggi nella Sila il nuovo sovrapporsi al vecchio col distacco di una pellicola fotografata due volte in paesi diversi...”, si avvertono ancora nelle contraddizioni stridenti tra i cortili fatiscenti e gli scorci vivaci o i palazzi tinteggiati di nuovo gli echi di quella povertà. Se un tempo la trascuratezza si attribuiva, quasi come una responsabilità, ad una popolazione non avvezza a possedere qualcosa di proprio da curare, “manca qui il senso della casa come punto di riferimento topografico fisso e preesistente...” scriveva Norman Douglas nel 1915, oggi le contraddizioni sembrerebbero appartenere al ritardo di una storia politica, sociale, economica e culturale. Eppure i segni del cambiamento si intravedono negli edifici restaurati, ad esempio: questi rappresentano il tentativo restituire integrità ed identità a luoghi pregni di ricchezza e di storia ma di difficile gestione in quanto espressione, secondo Faeta, di un elevato grado di “marginalità, precarietà, e frantumazione del territorio”. Così si cerca di affrontare il nomadismo atavico di cui sono gravati quei “paesitti ferrigni che sembrano vegliare con occhiuta diffidenza” descritti da Ulderico Tegani e forse è per questo che nei ritratti di paese di Francesco Granelli si respira ancora oggi un’atmosfera metafisica, quasi sospesa.

ANTONIO MANTA 
Antonio Manta nasce ad Empoli nel 1966, vive e lavora a Pian di Scò (Arezzo). Fotografo professionista, è co-titolare della “Alternative Graphics” ed esperto dell’immagine e stampa Fine Art digitale. Tiene corsi e workshop sul territorio Nazionale ed Europeo (Arles, Lione, Parigi) sull’uso della post produzione digitale e la stampa Fine Art. Svolge attività di ricerca e divulgazione fotografica progettando e curando mostre e pubblicazioni. Nel Marzo 2010 è stato l’organizzatore ed il curatore della prima edizione del “Fabriano Photo Festival”. Le sue fotografie sono pubblicate su riviste di settore come “Gente di Fotografia” e “Foto.it”, e su cataloghi di mostre e libri tra cui: “Enfants du Togo”, 2004, “Anime e Pietra”, 2005 “Prigionieri nel deserto”; 2006, “Uganda Contro”, 2007. Come Fotoreporter ha lavorato in Marocco, Tunisia, Togo, Uganda, Laos, Israele, Cambogia, Vietnam e Armenia. Ha esposto in mostre collettive e personali ed i suoi lavori sono conservati presso Len Levine di New York e in collezioni private di Lione e Parigi.

MONDO NUOVO E SINGOLARE
Il paesaggio della Sila Grande merita davvero l’aggettivo di “grandioso”: alle morbide ondulazioni delle dorsali ricoperte di fitte pinete e faggete si alternano valli quaternarie di origine lacustre, in parte colmate da laghi artificiali ...e grandi praterie... Forse pochi punti della montagna italiana offrono un così spettacolosamente rapido mutamento di natura e di paesaggio.
Giuseppe Isnardi, 1927

Scoprire la Sila attraverso lo sguardo di Antonio Manta può essere un’avventura che va ben oltre la dimensione estetica per condurci in un territorio in cui sensazione ed emozione si incontrano, ce- mentandosi reciprocamente in un breve ma intenso arco temporale. Non a caso il fotografo sceglie di utilizzare la polaroid, che consente uno sviluppo immediato dell’immagine. Il dominio completo della tecnica, la conoscenza delle mescolanze cromatiche, e delle loro mutazioni negli istanti che seguono lo scatto, gli consente di intervenire, prima ancora che l’immagine si formi del tutto, con segni ed incisioni con cui riesce a trasferire e a fissare le emozioni provate di fronte a questi luoghi. Andare oltre lo scatto fotografico attraverso il gesto che assume una valenza catartica è il suo intento. Lo sguardo è ampio, d’insieme, solo talvolta si sofferma sui dettagli. Le intricate selve delle foreste, i fiumi e i grandi laghi artificiali, i pascoli vasti e sereni già apprezzati e ricordati dal poeta latino Virgilio, gli scorci paesaggistici colti attraverso le stagioni, si trasformano in una sorta di tela grezza, un supporto su cui intervenire immediatamente ogni volta, in ogni nuova circostanza, con una sensibilità differente. Questa gestualità si concretizza in un segno grafico che ha una matrice al contempo arcaica e contemporanea e ben sintetizza la modalità di percepire un territorio che ha in sé tracce profonde del passato. Questa sorta di incisione è il punto di riferimento per il successivo trattamento dell’immagine in cui spesso, in omaggio anche alla figura di Nino Migliori, sceglie di utilizzare il fondo oro proprio al fine di far emergere il segno. Ne risulta un lavoro sorprendente per la grande sensibilità pittorica. Grazie alle particolari inquadrature in cui non perde il senso della profondità, si ha l’impressione di osservare i dipinti di quei maestri italiani che nella seconda metà dell’Ottocento diedero impulso a quella timida e insieme rivoluzionaria riscoperta del segno compendiario e della luce. I paesaggi di straordinaria bellezza della Sila rivivono nelle immagini di Antonio Manta confermando l’impressione, che fu di Pio- vene, “che la Sila consente la vita umana organizzata equilibrando in essa l’agricoltura, il bosco, il pascolo”. Questi scatti ci restituiscono quindi non solo l’immagine ma, soprattutto, quella stratificazione sensoriale che il fotografo attraverso un procedimento complesso e con un intenso coinvolgimento ha voluto catturare.

PAOLO PAGNI 
Paolo Pagni è nato a Montevarchi (Arezzo) nel 1953. Ha iniziato a interessarsi alla fotografia in giovane età, sulle orme del padre, fotoamatore evoluto, dal quale ha appreso i primi rudimenti di tecnica fotografica e di sviluppo del BW in camera oscura. Ha successivamente avuto modo di do- cumentare con i suoi scatti i numerosi viaggi che ha effettuato in giro per il mondo. La sua attività fotografica ha di recente avuto un nuovo impulso in virtù dell’adozione della fotografia digitale e della Polaroid, cui si dedica dal 2003 con l’intento di cogliere ed esprimere con l’immagine le sen- sazioni suscitate dal contatto con persone ed ambienti diversi. Ha partecipato a numerose mostre collettive e personali in varie città italiane tra cui Catania, Terranuova Bracciolini, Firenze.

UNA FANTASIA DEL NORD ESEGUITA CON IL RIGOGLIO MERIDIONALE 
La Sila è un paradosso paesaggistico, e ci riporta a certe composizioni surreali, che ottengono il loro fascino accostando tra loro oggetti eterogenei e disambientati. Sembra di essere caduti in un angolo della Scandinavia, con i pini silani piu’ alti e piu’ snelli degli abeti... Ed in effetti la peculiare mor- fologia della Sila, unita al suo principale ornamento – le foreste di conifere e soprattutto quelle di Pino Laricio – rende questo massiccio un luogo del tutto originale nel contesto della regione mediterranea.
Guido Piovene, 1963

La ricerca sperimentale e la qualità analitica che caratterizzano il lavori di Paolo Pagni sembra essere in perfetta sintonia con l’idea di eterogeneo e disambientato, cui fa riferimento Guido Piovene. Pur partendo da una visione d’insieme infatti il suo progetto fotografico si concentra sul dettaglio, per lo più naturale, che diventa oggetto di un’attenzione selettiva. La polaroid, come per Antonio Manta, è il mezzo che più agevolmente consente di rendere visibile un’idea, o di catturare una sensazione in corso d’opera. La realtà fotografata, infatti, sembra assumere un ruolo di secondo piano, le forme ed i colori emergono prepotentemente, il procedimento e la possibilità di verifica puntuale di un’idea hanno il sopravvento. L’immagine di partenza perde progressivamente la propria nitidezza per subire diversi tipi di manipolazione: talvolta è una sorta di pennellata, altre un sottile graffio, altre ancora una sovrapposizione o una sfocatura. Se nelle immagini più riconoscibili il segno simile ad una pennellata non altera la forma originale ma genera una dicotomia percettiva, queste attestano tuttavia l’intenzione del fotografo di apporre una propria sigla personale, come una sorta di firma che rende tangibile ed unica la sensazione provata di fronte ad uno spettacolo naturale. Egli ha la possibilità, inoltre, di fissare l’impressione complessiva sintetizzandola nella tipologia di intervento che sceglie di volta in volta, creando un album di ricordi personali non vincolati ad una rappresentazione statica, ma ad un’immagine che, proprio grazie al procedimento cui è stata sottoposta, diventa unica depositaria di quel frammento di memoria. Nell’osservare queste polaroid si avvia un meccanismo percettivo che porta talvolta al completamento, altre volte procede per sottrazione, altre ancora crea disorientamento spaziale e temporale. In ognuno di questi casi chi guarda è indotto ad interpretare cercando di intuire quale gesto, quale idea, quale soggetto sia alla radice della fotografia. Ciò avviene in special modo osservando quei lavori che volgono in astratto, in cui il colore ed il segno prevalgono. Talvolta la gestualità è dirompente, soverchia l’immagine fino a negarla, altre volte, invece, il fotografo sembra voglia lambirne la superficie con delicatezza, sfumando i colori e creando rapporti tonali. Anche se l’intento pittorico non è dichiarato, si intravede in queste fotografie una relazione ideale con la cultura figurativa della tradizione dell’informale, che talvolta assume i tratti surreali nelle deformazioni dei particolari scelti.Niente di più di ciò che la natura fa in Sila si potrebbe dire, tutto dipende dalla disposizione d’animo a percepire ciò che ci circonda in maniera differente, a cogliere le masse cromatiche, le linee verticali e orizzontali che con la luce creano fantasiosi intrecci, o magari i solchi lasciati dall’uomo su di un albero, approfittandone, ad esempio, per porre l’accento su un’attività come quella relativa all’estrazione della pece dai pini che appartiene alla storia.

PIETRO VALLONE 
Pietro Vallone è nato a Celico nel cuore della Sila dove vive e lavora. Naturalista per professione dagli anni ‘90, coniuga il suo amore per la natura con la passione per la fotografia. Il rispetto profondo che nutre nei confronti dell’ambiente si coglie nelle sue fotografie che di distinguono per un linguaggio semplice e raffinato. La medesima sensibilità che gli consente di entrare in relazione profonda con i vasti spazi che ama ritrarre si ritrova negli scatti più intimi in cui interpreta la vita vegetale ed animale. Le sue fotografie sono presenti in numerose pubblicazioni del Parco della Sila.

UN SENSO DI BENIGNO MISTERO 
Regna il pino silano, albero libero i cui semi attecchiscono anche se portati dal vento ...esso forma cattedrali arboree dai tronchi regolari e fitti che si prolungano talvolta per qualche chilometro avviluppando anche le cime, e riempiendo perciò la Sila di luoghi segreti. 
Guido Piovene, 1957 

Sono questi i luoghi segreti citati da Guido Piovene nel suo Viaggio in Italia del 1957 di cui è custode Pietro Vallone. Naturalista e fotografo che lavora per il Corpo Forestale dello Stato presso l’Ente Parco, è colui che ha guidato con professionalità e passione il gruppo di fotografi nei luoghi più reconditi della Sila. Le sue immagini, in cui si coglie la grande varietà del paesaggio silano, sono il risultato di un’approfondita conoscenza del territorio da cui deriva un’intimità straordinariamente intensa. I suoi scatti, seppure di grande qualità estetica, non devono essere considerati come mera documentazione ma come il risultato di un sentire che rivela sintonia e sensibilità nei confronti del mondo che lo circonda. Se il fluire delle stagioni con le metamorfosi più affascinanti costituisce il filo conduttore di queste immagini, ognuna di esse cela in sé la capacità di rivelare aspetti reconditi che appartengono a luoghi spesso inaccessibili ai più. Il fotografo sembra incarnare la storia della relazione dell’abitante della Sila con la natura sin dai tempi più antichi. È il suo occhio che in completa solitudine coglie e restituisce la vastità sconcertante degli spazi, che ne lascia percepire attraverso le sue fotografie il silenzio e il senso di isolamento che ancora è possibile provare in quei luoghi. Eppure come interprete sensibile e moderno non resta sopraffatto da un senso di sublime meraviglia ma si coglie, sia nei panorami ampi in cui lo sguardo si perde, sia negli scorci, una confidenza, una familiarità che sembra invitare alla scoperta, ad addentrarsi seguendo il consiglio di chi sa che questa terra ha ancora molti segreti da svelare e che, come scriveva ancora Piovene : “Per quelli che vi sostano essa tiene in serbo nelle zone più alte misteri boscosi e lacustri che i viaggiatori di passaggio sono costretti ad ignorare”. Così queste immagini si possono leggere sotto il duplice aspetto di una percezione personale ed intima ma possono, al tempo stesso, divenire una guida sentimentale, con le vivide scie di colore, con le distese di neve intatte, con la trasparenza delle acque che scorrono e con il calore che sembra emanare un campo di grano assolato. Confermeranno, per chi si immerge in questi luoghi scoprendone la verità, che questi scenari quasi irreali non sono poi così diversi da quelle “giungle meridionali piene di luminosa bellezza, i loro punti più oscuri essendo rallegrati da un senso di benigno mistero”, di cui parlava Norman Douglas al principio del secolo scorso.

Ente Parco Nazionale della Sila
Presidente: Sonia Ferrari
Soprintendenza per i Beni Storici, Artistici ed Etnoantropologici della Calabria
Soprintendente: Fabio De Chirico

MOSTRA 
Sila Dono Sovrano 
Una mostra fotografica e un libro per celebrare la Sila 
Cosenza – Palazzo Arnone
26 febbraio 2011 - 27 marzo 2011

Uffici stampa: 
Ente Parco Nazionale della Sila
Valeria Pellegrini
Tel.: 0984 537109 fax: 0984 537888
E-mail: ufficio.stampa@parcosila.it
Soprintendenza per i Beni Storici, Artistici ed Etnoantropologici della Calabria
Silvio Rubens Vivone – Patrizia Carravetta
Tel.: 0984 795639 fax: 0984 71246 E-mail: sbsae-cal.ufficiostampa@beniculturali.it 

martedì 22 febbraio 2011

Cosenza, Palazzo Arnone - Sila Dono Sovrano


Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare
DIREZIONE PER LA PROTEZIONE DELLA NATURA
ENTE PARCO NAZIONALE DELLA SILA

Ministero per i Beni e le Attività Culturali
DIREZIONE REGIONALE PER I BENI CULTURALI
E PAESAGGISTICI DELLA CALABRIA
SOPRINTENDENZA PER I BENI STORICI,
ARTISTICI ED ETNOANTROPOLOGICI DELLA CALABRIA

CONFERENZA STAMPA
Sila Dono SovranoUna mostra fotografica e un libro per celebrare la SilaCosenza – Palazzo Arnone – Salone giallo
23 febbraio 2011 - ore 11.00

Mercoledì 23 febbraio prossimo, alle ore 11.00, a Cosenza, Palazzo Arnone, Salone giallo, si terrà la conferenza stampa di presentazione della mostra fotografica Sila Dono Sovrano.
Interverranno: Sonia Ferrari, presidente dell’Ente Parco Nazionale della Sila;
Fabio De Chirico, soprintendente per i Beni Storici, Artistici ed Etnoantropologici della Calabria; Antonio Manta, fotografo e Roberto De Gaetano, presidente del Corso di Laurea in DAMS dell’Università della Calabria.
La mostra, che nasce da una felice intuizione del presidente dell’Ente Parco Nazionale della Sila, sarà ospitata a Palazzo Arnone dal 26 febbraio al 27 marzo 2011.
Le opere di Antonio Manta e della sua Bottega, circa 90 scatti di Tony Atheron, Paola Binante, Francesco Granelli, Antonio Manta, Paolo Pagni e Pietro Vallone restituiscono una lettura suggestiva ma non convenzionale dell’altopiano calabrese.
Un percorso di immagini, un immenso patrimonio documentale su luoghi e bellezze della Sila, vere e proprie visioni d’autore si esprimono attraverso diverse metodiche e tecniche di realizzazione che sono il risultato di uno sguardo profondo sull’antica selva brutia in grado di suscitare emozioni e spunti di riflessione su un luogo che ha incantato Antonio Manta e la sua bottega di artisti, proprio come aveva affascinato i viaggiatori del Grand Tour del ’700.
La mostra è a cura di Fabio De Chirico, Sonia Ferrari e Antonio Manta.
L’Ente Parco, che ha finanziato l’intero progetto, farà dono alla Soprintendenza calabrese di cinque opere fra quelle esposte, affinché entrino a far parte del patrimonio della Galleria Nazionale di Cosenza.
La mostra si avvale del patrocinio del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare e del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, della Regione Calabria, delle Province di Catanzaro, Cosenza e Crotone e di Federparchi/Europarc.
In questa occasione verrà inoltre presentato il volume Sila Dono Sovrano (Polyorama Edizioni) a cura di Elena Paloscia, che raccoglie le immagini delle opere in mostra.


Atheron

Binante


Granelli

Manta

Pagni

Vallone

Ente Parco Nazionale della Sila
Presidente: Sonia Ferrari
Soprintendenza per i Beni Storici, Artistici ed Etnoantropologici della Calabria
Soprintendente: Fabio De Chirico
CONFERENZA STAMPASila Dono SovranoUna mostra fotografica e un libro per celebrare la SilaCosenza – Palazzo Arnone – Salone giallo
23 febbraio 2011 - ore 11.00
Uffici stampa:
Ente Parco Nazionale della Sila
Valeria Pellegrini
Tel.: 0984 537109 fax: 0984 537888
E-mail: ufficio.stampa@parcosila.it

Soprintendenza per i Beni Storici, Artistici ed Etnoantropologici della Calabria
Silvio Rubens Vivone – Patrizia Carravetta
Tel.: 0984 795639 fax: 0984 71246
E-mail: sbsae-cal.ufficiostampa@beniculturali.it

lunedì 21 febbraio 2011

Presentato libro di Mons. Cantisani

Grande afflusso di pubblico all’incontro promosso dall’Accademia dei Bronzi

Catanzaro 19.2.2011 – Sala gremita e pubblico altamente qualificato: sono due degli elementi che hanno caratterizzato ieri sera la presentazione del nuovo volume “Caranzaro, la Chiesa e l’Italia nel Diario di Mons. Mazzocca (1897-1930)”, di Mons. Antonio Cantisani, arcivescovo emerito della città, pubblicato dalle Edizioni Ursini. L’incontro, promosso dalla casa editrice catanzarese e dall’Accademia dei Bronzi, con la collaborazione della Biblioteca comunale, è stato introdotto e moderato da G. Battista Scalise, dirigente scolastico e storico.
“Questo libro – ha evidenziato don Massimo Cardamone, parroco della Parrocchia del Carmine, luogo in cui è custodito il “diario” di don Mazzocca - è un altro atto d’amore di mons. Cantisani verso la città di Catanzaro. E’ il diario di un parroco, di un uomo zelante, a volte dal carattere spigoloso, ma sicuramente impegnato a rendere sempre più bella la Chiesa”.
Ai saluti di don Massimo hanno fatto seguito quelli della direttrice della Biblioteca comunale, Maria Teresa Stranieri, e di Antonio Benefico, autore negli anni passati di un altro importante testo sulla storia della Parrocchia del Carmine.
“Anche da una piccola finestra, come può essere l’archivio di una parrocchia, - ha detto Stranieri - si può leggere la storia del mondo. Ed è quello che è avvenuto con il diario di Mons. Mazzocca”.
Approfondita e di grande interesse storico-letterario è stata la relazione di Mario Casaburi. “Secondo me - ha detto Casaburi - mons. Cantisani è soprattutto uno storico di alto profilo, un intellettuale che riesce a leggere dentro i “documenti”. Scrupolosissimo e attento alle fonti, ma anche alla discussione delle stesse; capace di entrare subito nell’argomento e di scrivere senza fronzoli. mons. Cantisani, insomma, ci dà un buon esempio di metodo storico”.
Con il diario di Mons. Mazzocca - hanno evidenziato quasi tutti - la microstoria della città di Catanzaro, diventa macrostoria. Attento agli avvenimenti politici del tempo, il sacerdote segue con grande interesse anche le lotte esistenti in città”.
“Il diario – ha affermato mons. Cantisani – è certamente uno strumento per approfondire le vicende storiche, ma anche per aiutarci a superare i problemi di oggi. E’, insomma, un preziosissimo libro di memorie attraverso il quale mons. Mazzocca c’induce alla riflessione. Il mio augurio è che questo libro ci aiuti ad avere più attenzione per gli archivi, perché nelle carte conservate in quegli scaffali ci sono certamente le tracce del passaggio di Cristo; ma ci aiuti anche ad essere presenti nella storia e ad amare sempre più questa amabilissima città”.
Dopo i saluti del sindaco Rosario Olivo, ha concluso l’incontro mons. Antonio Ciliberti che ha ringraziato l’Accademia dei Bronzi e l’editore Ursini per la passione con cui realizzano le loro iniziative culturali.-
“Mons. Mazzocca – ha detto l’arcivescovo di Catanzaro – si è riproposto innanzi tutto come un grande uomo, come un cittadino e un sacerdote esemplare che ha messo al primo posto la pace, dimensione indispensabile nella quale gli uomini possono davvero ritrovarsi fratelli. Ha avuto perciò una grande attenzione alle situazioni reali che ha trascritto con grande zelo”.
Il libro racchiude trent’anni di storia catanzarese, ma non solo, raccontati, spesso con dovizia di particolari.
Mons. Mazzocca non ha, come suol dirsi, peli sulla lingua e non ci pensa due volte a definire “poco reverendo” un prete, “canaglia” un avvocato e “doppiogiochista” il sindaco massone che faceva credere di votare per Giolitti e poi votava socialista.
“Col suo diario – ha concluso Cantisani - ci stimola ad essere più presenti nella storia e aiuta i catanzaresi ad amare sempre più la loro “amabilissima” città”.

Scalise, Cardamone, Cantisani, Casaburi, Benefico

Pubblico presente alla presentazione

Ciliberti, Scalise, Cardamone, Cantisani, Casaburi, Benefico

L'editore racconta la rivolta di Reggio

Giovedì 24 febbraio ore 16
Biblioteca Comunale "Pietro De Nava" - "Sala Vitrioli" (primo piano)


Secondo appuntamento dei “Pomeriggi Culturali” ciclo di manifestazioni organizzati dal Circolo Culturale “L'Agorà” in collaborazione con la Biblioteca Comunale “Pietro De Nava” di Reggio Calabria ed i laboratori di ricerca del sodalizio reggino, gruppo di ricerca Mnemos, centro studi “Gioacchino e Napoleone” e Centro Studi italo-ungherese “Árpàd”.
La nuova giornata di studi avrà come tema “L'editore racconta la rivolta di Reggio” relatori Franco Arcidiaco (La Città del Sole edizioni) e Roberto Laruffa (Laruffa editore), Salvatore Romano (regista).

Sarà un interessante momento di confronto, visto anche il livello dei relatori che offriranno ai presenti le loro esperienze personali ed editoriali relative all'argomento che sarà oggetto di discussione.

Tra l'altro sarà presente all'incontro il regista Salvatore Romano autore del film LIBERARSI (FIGLI DI UNA RIVOLUZIONE MINORE).

L'incontro si terrà giovedì 24 febbraio con inizio alle ore 16,00 nella sala "Vitrioli" della Biblioteca Comunale "Pietro De Nava" di Reggio Calabria.

mercoledì 16 febbraio 2011

MACA (Museo Arte Contemporanea Acri) - FRANCESCO TORALDO, composizioni musicali


A partire da sabato 19 marzo 2011, nell’ambito della quarta edizione del progetto BANCARTIS indetto dalla BCC Mediocrati di Rende, il MACA (Museo Arte Contemporanea Acri) dedicherà un’ampia personale a Francesco Toraldo, artista dotato di una grande forza espressiva, i cui quadri – vere e proprie deflagrazioni cromatiche – possono essere paragonati a delle improvvisazioni jazzistiche tanto raffinate quanto vigorose.
Nato a Catanzaro nel 1960, Toraldo è un pittore la cui peculiarità espressiva è data da un suggestivo e coinvolgente intreccio di narrazioni figurative che non provengono tanto da un progetto precostituito, quanto da un ardore guidato dalla memoria e dalle emozioni. Dalla biografia di questo artista si evince un certo spirito ribelle. A suo tempo, infatti, egli non ha voluto portare a termine gli studi accademici, che gli sono comunque stati utili come base di apprendistato. Il suo vero maestro è stato il padre Enzo, anch’egli pittore, il quale ha saputo infondergli l'amore istintivo per una figurazione forte e calibrata. Le capacità espressive di Francesco Toraldo si effondono nella sua opere con gli effetti vibrati di colori primari e puri che sono evidenti sintomi di un animo che non ama certo tenere sotto controllo la propria fantasia, interpretando il mondo attraverso il filtro delle emozioni; un pittore dotato di un’estrema sensibilità per la rivelazione del particolare inserito in un contesto visivo dove prevale un espressionismo venato di dolcezze post-romantiche.
La collezione di oltre trenta dipinti che faranno parte della mostra offre la quintessenza dell’arte di Toraldo. A colpire immediatamente lo sguardo dello spettatore sono i colori brillanti degli strumenti musicali, esaltato dal contrasto con le mani bianche dei musicisti che sembrano volare sopra di essi, sfiorandoli e sfumando nel passaggio tra le note quasi fossero fatte di polvere di gesso. Il tutto da vita ad una figurazione calda intrisa di vibrazioni, di palpiti e di passione, fatta di un’immediatezza segnica che sembra nascere direttamente dal colore, senza la necessità di un disegno preparatorio. Il dipinto si genera dall’intreccio istintivo dei colori sulla tela che scaturisce in un’opera informale su cui, successivamente, il pittore costruisce le sue magnifiche figurazioni astratte.
Francesco Toraldo ha tradotto la sensibilità Fauve, lo studio sul movimento tipico dei Futuristi – e di Balla in particolare –, i visi espressionisti leggermente deformati, in una capacità tutta personale di dipingere la musica, di fare del jazz con gli strumenti della pittura, perdendosi in raffinati assoli fatti di esplosioni cromatiche e tempeste segniche.

Francesco Toraldo, Fred Buscaglione
Olio su tela 70x70, 2008


Francesco Toraldo, Il testamento di De Andrè
Olio su tela 70x70 cm, 2008

FRANCESCO TORALDO, composizioni musicali 
Luogo: MACA – Museo Arte Contemporanea AcriPiazza G. Falcone, 1 – 87041 Acri (Cs)
Curatori: Boris Brollo e Federico Bria
Vernissage: 19 marzo 2010 ore 18:00
Periodo: dal 19 marzo al 29 maggio 2011
Orario:dal martedì alla domenica, 9-13 e 15-19; lunedì chiuso
info: Museo tel. 0984953309; Ufficio stampa tel. 0119422568
maca@museovigliaturo.it

Accademia dei Bronzi (Catanzaro) - Presentazione libro di Mons. Antonio Cantisani

Venerdì 18 febbraio alle ore 18, Biblioteca comunale di Catanzaro

Catanzaro - Confermata per venerdì 18 febbraio, con inizio alle ore 18, presso la Biblioteca Comunale “Filippo De Nobili”, la presentazione del volume di “Catanzaro, la Chiesa e l’Italia nel diario di Mons. Mazzocca (1897-1930)”, di Mons. Antonio Cantisani, pubblicato dalle Edizioni Ursini.
Alla presentazione, a cura dell’Associazione Culturale “Accademia dei Bronzi” e della Biblioteca Comunale “Filippo De Nobili”, interverranno G. Battista Scalise e Mario Casaburi. Porgeranno i saluti don Massimo Cardamone, Maria Teresa Stranieri e Antonio Benefico.
Concluderà S. E. Mons. Antonio Ciliberti, arcivescovo della città
Il libro racchiude trent’anni di storia catanzarese, ma non solo, raccontati, spesso con dovizia di particolari, da mons. Domenico Mazzocca (parroco del Carmine dal 1897 al 1908 e poi di S. Teresa (Osservanza) fino al 1935, anno della sua morte) in un vero e proprio diario dal titolo “Liber parochialis” che mons. Cantisani ha “scoperto” tempo addietro nell’archivio della Parrocchia del Carmine.
“E’ un documento - dice mons. Cantisani - di particolare importanza perché il parroco aveva annotato, con una grafia quanto mai chiara, non solo avvenimenti riguardanti la sua persona e la vita delle sue comunità parrocchiali, ma anche molti avvenimenti riguardanti la città di Catanzaro, la Chiesa e l’Italia”.
Nel suo diario, mons. Mazzocca non ha, come suol dirsi, peli sulla lingua e non ci pensa due volte a definire “poco reverendo” un prete, “canaglia” un avvocato e “doppiogiochista” un sindaco massone che faceva credere di votare per Giolitti e poi votava socialista. Parla di grandi avvenimenti della storia, ma nello stesso tempo riferisce dettagli davvero secondari: ci dice perfino il numero della tomba ove era stato sepolto suo padre, la tonalità delle campane che aveva installato nella chiesa parrocchiale dell’Osservanza e i premi che dava ai ragazzi che risultavano vincitori nella gara di catechismo. Ma ciò che più colpisce è la cura con cui ci dice come certi documenti sono collocati nell’archivio parrocchiale. Ed è proprio per questo che il Mazzocca può esser considerato un testo davvero importante e credibile.

martedì 15 febbraio 2011

Conservatorio di Cosenza - Attivazione del nuovo Triennio di Didattica della Musica

Per l’iscrizione non è richiesto il possesso di un titolo specifico musicale. Domande entro il 26 febbraio.

Il Conservatorio di Cosenza ha attivato un corso che presenta carattere di novità per articolazione e destinatari. Il nuovo Triennio di Didattica della Musica, che avrà inizio nel prossimo mese di marzo, si rivolge a un’ampia tipologia di utenti. Innanzitutto docenti della scuola dell’infanzia e primaria interessati a insegnare musica; animatori sociali e musicisti - anche non professionisti o con un curriculum musicale non accademico e/o di natura non classica (popular music, jazz, rock, folk eccetera) – interessati o coinvolti a vario titolo in situazioni didattiche.
La figura professionale che sarà formata è l’operatore musicale. Può essere impegnato, oltre che nella scuola dell'infanzia e primaria, anche nell’università della terza età, nei centri sociali, nelle carceri e in diverse istituzioni pubbliche e private.
Si sottolinea che un recente decreto del Ministro della Pubblica Istruzione individua i “titoli prioritari per impartire l’insegnamento di musica e pratica musicale” nella scuola dell’infanzia e nel primo ciclo dell’istruzione; fra questi titoli è compreso il Diploma Accademico in Didattica della Musica.
Altra novità è che per iscriversi non è non necessario essere in possesso di un titolo di studio musicale.
Possono frequentare il Triennio strumentisti e cantanti, previo esame di ammissione che consisterà in un breve colloquio motivazionale e in una prova esecutiva strumentale o vocale a scelta del candidato, senza vincoli di genere musicale o stile esecutivo.
Al termine del Triennio si conseguirà un Diploma Accademico di primo livello del valore legale pari alla Laurea di primo livello, dunque valido per partecipare ai concorsi nella pubblica amministrazione e per il lavoro nel settore privato.
Le domande di ammissione devono pervenire al Conservatorio di Cosenza entro le ore 13.00 del 26 febbraio 2011 (non fa fede il timbro postale). L’esame di ammissione si svolgerà il 3 marzo 2011 alle ore 9.
Per informazioni sul Triennio attivato dal Conservatorio di Cosenza si può consultare il sito:

Per conoscere il Decreto che introduce lo studio della musica nella scuola primaria si può consultare il sito:

3385048865

lunedì 14 febbraio 2011

Pomeriggi Culturali alla Biblioteca Comunale "Pietro De Nava" di Reggio Calabria

Organizzati con il Circolo Culturale "L'Agorà"

Ritorna in riva allo Stretto il ciclo di manifestazioni denominato “Pomeriggi Culturali”, organizzato dal Circolo Culturale “L'Agorà” in collaborazione con la Biblioteca Comunale “Pietro De Nava” di Reggio Calabria ed i ed i laboratori di ricerca del sodalizio reggino, gruppo di ricerca Mnemos, centro studi “Gioacchino e Napoleone” e Centro Studi italo-ungherese “Árpàd”. Gli appuntamenti saranno incentrati su incontri di diverso tipo quali quelli relativi a tematiche storiche, letterarie, antropologiche, ambientali. Il palinsesto relativo al mese di febbraio ha in programma due date, quella di giovedì 17 e quella del 24. In tali giornate si discuterà sui seguenti temi: “CARNASCIALIA: il Carnevale in Calabria”, relatore Orlando Sorgonà (Circolo Culturale “L'Agorà”), e “L'editore racconta la rivolta di Reggio”, relatori Franco Arcidiaco (La Città del Sole edizioni) e Roberto Laruffa (Laruffa editore). Le manifestazioni in argomento si terranno nella sala "Vitrioli" della Biblioteca Comunale "Pietro De Nava" di Reggio Calabria con inizio alle ore 16,00.

domenica 13 febbraio 2011

MiBAC Cosenza - A San Valentino niente è più dolce dell’arte


Ministero per i Beni e le Attività Culturali
Direzione Regionale per i Beni Culturali
e Paesaggistici della Calabria
SOPRINTENDENZA PER I BENI STORICI, ARTISTICI
ED ETNOANTROPOLOGICI DELLA CALABRIA


A San Valentino niente è più dolce dell’arte
Pittura e parole: il Trionfo d’Amore di Mattia Preti
Cosenza - Palazzo Arnone
Venerdì 11 febbraio 2011 – ore 17.00

Dolci baci e languide carezze ...
nell’arte dal Neoclassicismo al Post-Moderno
 Cosenza - Palazzo Arnone
Lunedì 14 febbraio 2011 – ore 11.00


In occasione della Festa di San Valentino la Soprintendenza per i Beni Storici, Artistici ed Etnoantropologici della Calabria, diretta da Fabio De Chirico, promuove due interessanti iniziative dedicate all’amore.
Venerdì 11 febbraio a Cosenza, palazzo Arnone, alle ore 17.00, si è tenuta
Pittura e parole: il Trionfo d’Amore di Mattia Preti. Nel corso della manifestazione sono state presentate alcune storie d’amore tra le più belle della letteratura raffigurate nel dipinto e tratte dall’Orlando Furioso di Ludovico Ariosto e dalla Gerusalemme Liberata di Torquato Tasso anche attraverso un reading dal titolo Incanti d’amore, a cura di Francesca Gariano e Graziella Spadafora della Compagnia Libero Teatro di Cosenza, ispirato sia alla pazzia d’Orlando, attraverso la brillante rilettura di Stefano Benni, sia al magico e fugace amore di Armida e Rinaldo. Una copiosa galleria di documenti visivi ha illustrato la fortuna figurativa dei due poemi. L’iniziativa è stata curata da Nella Mari, Patrizia Carravetta, Melissa Acquesta e Francesca Mandarino con il coordinamento di Fabio De Chirico.

Lunedì 14 febbraio sempre a palazzo Arnone, alle ore 11.00, si prosegue con Dolci baci e languide carezze ... nell’arte dal Neoclassicismo al Post-Moderno. La conferenza propone un excursus sul tema dell'amore attraverso l'opera di grandi artisti come Canova, Munch, Picasso, Manzù. L’iniziativa è a cura di Rosanna Caputo con il coordinamento di Fabio De Chirico.

Locandina MiBAC


Trionfo d’Amore di Mattia Preti



Il Bacio di Edvard Munch

Soprintendenza per i Beni Storici, Artistici ed Etnoantropologici della Calabria
Soprintendente: Fabio De Chirico

A San Valentino niente è più dolce dell’arte 
Pittura e parole: il Trionfo d’Amore di Mattia Preti
Cosenza, Palazzo Arnone Venerdì 11 febbraio 2011 – ore 17.00
A cura di Nella Mari, Patrizia Carravetta, Melissa Acquesta e Francesca Mandarino
Coordinamento di Fabio De Chirico, Soprintendente

Dolci baci e languide carezze ...nell’arte dal Neoclassicismo al Post-Moderno 
Cosenza - Palazzo Arnone Lunedì 14 febbraio 2011 – ore 11.00
A cura di Rosanna Caputo
Coordinamento di Fabio De Chirico, Soprintendente


Ufficio stampa: Soprintendenza per i Beni Storici, Artistici ed Etnoantropologici della Calabria
Silvio Rubens Vivone – Patrizia Carravetta
Tel.: 0984 795639 fax 0984 71246
E-mail:
sbsae-cal.ufficiostampa@beniculturali.it

CALABRIA PRIMA ITALIA

Comunicato dell'Associazione culturale CALABRIA PRIMA ITALIA

In occasione dei 150 anni dell’Unità d’Italia si propone di …DENOMINARE UFFICIALMENTE LA REGIONE
“CALABRIA PRIMA ITALI
A”

Nati per unire, persino nel federalismo

La Storia ci dice che il territorio dell’attuale Calabria sia stata chiamata “Calabria” dai bizantini, mentre invece tale denominazione apparteneva all’attuale Salento, in Puglia, già al tempo degli antichi romani. La Storia ci dice, altresì, che il nome “Italia” sia nato proprio in Calabria, nell’istmo tra il Golfo di Squillace e il Golfo di Lamezia (oggi in provincia di Catanzaro), quattordici generazioni prima della guerra di Troia e, cioè verso la metà del secondo millennio a.C. ad opera dell’eroe eponimo Italo, re della popolazione degli Enotri. Re Italo trasformò in stanziali le sue tribù nomadi, unendo in un patto di amicizia tutti i popoli della Calabria centro-meridionale, istituendo i cosiddetti “sissizi” (vale a dire i pasti comuni) dove ognuno recava qualcosa da mangiare condividendo con gli altri e dove si cercava sempre la concordia del governo comune. I “sissizi” poi si diffusero presto in tutto il mediterraneo, come prima forma di democrazia. Da re Italo l’attuale territorio calabrese prese nome “Italia” e tale nome si diffuse, secolo dopo secolo, a nord e a sud della penisola, fino a che, nel 42 d.C. l’imperatore Ottaviano Augusto lo estese per decreto all’attuale Padania fino alle Alpi e, quindi, pure fino alla Sicilia, alla Sardegna e alla Corsica, tutte regioni appartenenti al territorio geografico naturale di un’unica Nazione. Il nome “Italia” è, con quello di Israele, uno dei più antichi del mondo ed è quello che più ha resistito nei secoli ai trasformismi delle innumerevoli invasioni e dominazioni.

In occasione dei 150 anni dell’Unità d’Italia, l’associazione culturale “Calabria Prima Italia” (fondata nel 1988 a Badolato dal prof. Domenico Lanciano e presieduta dall’avv. Giovanni Balletta di Catanzaro) rilancia la proposta fatta decenni fa affinché la Regione Calabria possa prendere ufficialmente la denominazione di “Calabria Prima Italia” dal momento che tale territorio ha dato i natali al nome “Italia” sicuramente uno dei più famosi del mondo oltre che uno dei più antichi.

La toponomastica regionale italiana presenta già altri esempi di denominazioni plurime come Friuli Venezia Giulia, Trentino Alto Adige, Emilia Romagna, Valle d’Aosta, per cui non dovrebbe essere un problema aggiungere “Prima Italia” all’attuale denominazione di Calabria.

Secondo l’associazione proponente, la nuova denominazione meglio si addice ad una regione che ha dato i natali al nome dello Stato e della Nazione che si vuole ancora unita, pur in una insidiosa tendenza federalista. Tale nuova denominazione servirebbe pure per ricordare a tutti un certo percorso di lenta ma profonda civiltà italica che ha caratterizzato i territori e le popolazioni che vanno dalle Alpi a Lampedusa, civiltà che oggi si tende a riassumere nel cosiddetto “Made in Italy” … lo stile italiano di vivere che ha un retroterra storico-culturale di millenni.

L’associazione “Calabria Prima Italia” si batte fin dal 1988 anche perché venga valorizzato il nome “Italia” e il luogo dove questo è nato e, quindi, registra con soddisfazione il fatto che la Regione Calabria abbia cominciato timidamente ad evidenziare il dato storico che il nome sia nato in Calabria, proprio nei pressi dell’attuale Catanzaro, impiantando una cartellonistica stradale che indica “Benvenuti a Catanzaro. Qui nacque il nome Italia”. La stessa associazione esorta la Regione Calabria e altre istituzioni,
anche nazionali, ad avviare un serio ed articolato programma di valorizzazione del nome “Italia” pure prendendo spunto dal progetto più volte inviato specialmente all’Amministrazione provinciale di Catanzaro e all’ente regionale.

Cartellone posto all’ingresso ovest della Città di Catanzaro, sulla superstrada Lamezia-Catanzaro (foto di Giovanni Balletta, gennaio 2011).

Associazione culturale
CALABRIA PRIMA ITALIA
presso il fondatore-responsabile Dr. Domenico LANCIANO, pubblicista iscritto all’Ordine dei Giornalisti del Molise
Viale Castelnuovo 33 - 86081 Agnone (Isernia)

Avv. Giovanni Balletta, presidente dell’associazione culturale “Calabria Prima Italia” – Sede di Catanzaro

Nuovo libro di Mons. Antonio Cantisani, edito da Ursini

Presentazione programmata per il 18 febbraio nella Biblioteca comunale

Catanzaro - “Catanzaro, la Chiesa e l’Italia nel diario di Mons. Mazzocca (1897-1930)”, è il titolo del nuovo volume di Mons. Antonio Cantisani (nella foto), arcivescovo emerito di Catanzaro-Squillace, che sarà presentato venerdì 18 febbraio, alle ore 17,30, nella Sala della Biblioteca Comunale.
Alla presentazione, a cura dell’Associazione Culturale “Accademia dei Bronzi”, della casa editrice Ursini, che ha pubblicato il libro, e della Biblioteca Comunale “Filippo De Nobili”, interverranno G. Battista Scalise e Mario Casaburi. Porgeranno i saluti don Massimo Cardamone, Maria Teresa Stranieri e Antonio Benefico. Concluderà S.E. Mons. Antonio Ciliberti, arcivescovo della città.
Il libro racchiude trent’anni di storia catanzarese, ma non solo, raccontati, spesso con dovizia di particolari, da mons. Domenico Mazzocca (parroco del Carmine dal 1897 al 1908 e poi di S. Teresa (Osservanza) fino al 1935, anno della sua morte) in un vero e proprio diario dal titolo “Liber parochialis” che mons. Cantisani ha “scoperto” tempo addietro nell’archivio della Parrocchia del Carmine.
“E’ - dice mons. Cantisani - un documento di particolare importanza perché il parroco aveva annotato, con una grafia quanto mai chiara, non solo avvenimenti riguardanti la sua persona e la vita delle sue comunità parrocchiali, ma anche molti avvenimenti riguardanti la città di Catanzaro, la Chiesa e l’Italia. Ho così subito pensato che il Liber parochialis poteva diventare una fonte preziosa per chiunque è convinto che nella storia e forse anche nella cronaca si possa trovare tanta luce per vivere più autenticamente l’oggi. Ogni dubbio sulla importanza del documento è comunque scomparso quando, tra le annotazioni apposte sul diario da tante persone che avevano visitato la parrocchia e, perciò, soprattutto dai vescovi in occasione delle visite pastorali, ci si è imbattuti in una testimonianza di assoluto valore qual è quella di Alfonso Frangipane. L’illustre storico dell’arte, il 21 settembre 1921, scrive: “Visitando ancora una volta la Chiesa dell’Osservanza, per compilare le schede inventariali pel Catalogo delle Opere d’Arte ordinato dal Ministero dell’Istruzione, ammiro molto la cura intelligente con cui le opere pregevoli di questa chiesa sono tenute dal colto mons. Mazzocca, e l’acume storico che lo ha consigliato a compilare questo prezioso libro di memoria: della Parrocchia e della nostra epoca”.
“È stato proprio leggendo queste parole - prosegue mons. Antonio Cantisani - che ho sentito quasi come un dovere darmi da fare per pubblicare il Diario di mons. Mazzocca. E non soltanto per soddisfare una legittima curiosità: in particolar modo i catanzaresi avranno piacere di rivisitare luoghi che i loro padri hanno frequentato e conoscere avvenimenti che gli stessi padri hanno vissuto nella loro carne”.
Nel suo diario, mons. Mazzocca non ha, come suol dirsi, peli sulla lingua e non ci pensa due volte a definire “poco reverendo” un prete, “canaglia” un avvocato e “doppiogiochista” un sindaco massone che faceva credere di votare per Giolitti e poi votava socialista. Parla di grandi avvenimenti della storia, ma nello stesso tempo riferisce dettagli davvero secondari: ci dice perfino il numero della tomba ove era stato sepolto suo padre, la tonalità delle campane che aveva installato nella chiesa parrocchiale dell’Osservanza e i premi che dava ai ragazzi che risultavano vincitori nella gara di catechismo. Ma ciò che più colpisce è la cura con cui ci dice come certi documenti sono collocati nell’archivio parrocchiale. Ed è proprio per questo che il Mazzocca può esser considerato un testo davvero importante e credibile.


Chi era Mons. Mazzocca?

Dal Diario emerge un vero personaggio, sia come cittadino che come prete. E, difatti, sin da ragazzo si rivela come tipo ben “determinato”. Era nato il 25 luglio 1867 a Catanzaro da Achille, rilegatore di libri, e da Teresa Rizzo, ai quali fu sempre legato da grande affetto. Crebbe attorno alla parrocchia, distinguendosi per la sua vivacità, ma anche per la sua pietà. Ricorderà con gratitudine la sua prima Comunione ricevuta dal can. don Luigi D’Elia nel mese del Rosario del 1876, parlandone più tardi come delle “nozze” col Signore. Sentendosi chiamato ad esser prete, volle entrare presto nel seminario diocesano, che da poco era stato rilanciato da mons. Bernardo M. De Riso (1883-1900). Qui maturò la sua scelta, cui volle esser fedele ad ogni costo. Un suo zio, massone, voleva distoglierlo dal proposito di diventare sacerdote, ma egli chiese a Mons. De Riso, vescovo del tempo, di poter frequentare i corsi di teologia a Roma dove fu ordinato sacerdote il 21 settembre 1890.
Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...