venerdì 22 febbraio 2013

Berlusconi, l’animale mediatico che non usa la parola “mafia”

Una lacuna lessicale dolosa, che va oltre la collusione, perché sottende voragini etiche e civili incommensurabili. 

di Domenico Condito

Silvio Berlusconi, da perfetto animale mediatico, è molto abile nella gestione della sua campagna elettorale. Nella caccia ai voti nulla è lasciato al caso. Quando si reca in uno studio televisivo, ad accompagnarlo ci sono persino un truccatore, un tecnico delle riprese e un esperto di luci, oltre al solito assistente e al fido Bonaiuti. E ogni suo intervento è preparato scientificamente a tavolino. Parole, gesti, concetti, e persino le barzellette, vengono passati al vaglio di un team di professionisti molto qualificati: sondaggisti, psicologi del comportamento, pubblicitari, esperti di comunicazione e curatori dell’immagine. Tutti tecnici della manipolazione del consenso fra i più competenti esistenti oggi sul mercato. Altro che boutade, strafalcioni e cadute di stile. Berlusconi utilizza, in modo spregiudicato, una sofisticata strategia “manipolatoria” che ha solide basi scientifiche. Ed è ciò che lo rende “pericoloso”, conferendo una formidabile capacità di persuasione alla sua naturale propensione eversiva. 

Come insegnò B. F. Skinner [1] nel secolo scorso, è possibile applicare il metodo scientifico allo studio del comportamento. Le condotte umane, cioè, possono essere analizzate sulle stesse basi utilizzate dalle scienze naturali per interpretare, prevedere e controllare gli eventi. È possibile, infatti, una “analisi funzionale” del comportamento umano, sia individuale che collettivo, che consente di individuare gli elementi ultimi, esterni all’individuo, che lo determinano. Isolare tali “variabili”, e comprendere le leggi che le governano, consente di controllare il comportamento, prevederne gli sviluppi e, in ultima analisi, manipolarlo. La più temibile applicazione di questo orientamento delle scienze psicologiche si chiama “condizionamento di massa”. Berlusconi, con il suo staff di esperti, ne è il principale utilizzatore e beneficiario nel nostro paese. È ciò che ha trasformato il Caimano in uno straordinario predatore di voti, capace di macinare diversi punti percentuali di consenso in poche settimane. Una macchina elettorale perfetta che in passato ha stupito con le sue mirabolanti rimonte, e che non mancherà di sorprenderci anche in questa tornata elettorale. Altro che "squadrone" a caccia di improbabili giaguari da smacchiare.

Nelle strategie del controllo sociale le parole sono importanti, e non possono essere lasciate al caso. E se le parole dette servono talvolta a distrarre dai problemi veri, quelle omesse sono in grado di parlare a orecchi in grado d’intenderne i significati. Anche in questo Berlusconi è maestro, alla stregua delle società segrete o delle organizzazioni omertose. Non è casuale che in Sicilia, durante la sua tappa elettorale a Palermo, non abbia mai pronunciato la parola “mafia”, mentre ha parlato dell’abolizione dell’IMU, della magistratura come “cancro della società”, di una legge per consentire il rilascio dalla galera su cauzione e del ponte sullo stretto. Tutti argomenti capaci di richiamare l’attenzione delle consorterie affaristiche e criminali, e che non sollecitano affatto una sollevazione etica e civile contro di esse. E sono i mafiosi e i corrotti il vero cancro del paese, e non i magistrati che li combattono. Ecco perché l’atteggiamento omertoso sulla mafia è una pericolosa e imperdonabile "dimenticanza" con dolo. Nessun progetto politico è credibile se non considera fra le sue priorità la lotta alle mafie che, insieme alla corruzione e all’evasione fiscale, stanno affamando l’Italia.

I costi economici e sociali dell’illegalità sono enormi: 150 miliardi, il fatturato della criminalità organizzata, secondo la Commissione parlamentare antimafia (e 180 mila posti di lavoro persi al Sud, secondo il Censis); 60 miliardi il costo pubblico della corruzione secondo la Corte dei conti; 120 miliardi di evasione fiscale, stima il ministero dell’Economia, con l’Italia al primo posto in Europa per la quota di reddito non dichiarato, il 51,1 per cento secondo un recente studio di Krls-Network of Business Ethic. Così si distrugge il nostro paese e la speranza in un futuro degno per noi e le prossime generazioni.

Nulla di tutto ciò è presente nei discorsi del Caimano, ma lui promette malevolmente di restituire l’IMU. Un’operazione che vale complessivamente 4 miliardi, che potrà dare un sollievo momentaneo alle famiglie in difficoltà, ma non salverà l'Italia dalla rovina. Non una soluzione ai mali del paese, ma piuttosto un colpevole raggiro che mira a distrarre i cittadini dal vero dramma in cui siamo sprofondati. Ecco perché non possiamo sottacere l’omissione della parola “mafia” da parte dell’ex-premier Berlusconi. Si tratta di una lacuna lessicale dolosa, che va oltre la collusione, perché sottende voragini etiche e civili incommensurabili.

“Nei segni in cui voi formate le parole sono racchiuse le grandi forze e le potenze che fanno girare il mondo, - insegnò (l’angelo Asael) al sommo rabbino. – E sappi che tutto ciò che sulla terra viene formato in parole, lascia le sue tracce nel mondo superiore. (…) Essi vegliano sull’equilibrio del mondo e tu, sconsiderato, tu, granello di sabbia, figlio della polvere, tu una volta lo hai turbato”[2].



[1] B. F. Skinner, Scienza e comportamento, Franco Angeli, 1992
[2] Leo Perutz, Di notte sotto il ponte di Pietra, E/O, 1991

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