Per diventare uomini politici, vale a dire per avere la stoffa di un tiranno, occorre uno sconvolgimento mentale…
Un brano di Emil Cioran
“Chi non ha conosciuto la tentazione di essere il primo della comunità non capirà nulla del gioco politico, della volontà di assoggettare gli altri per farne degli oggetti, né intuirà gli elementi di cui si compone l’arte del disprezzo. Sono rari coloro che non hanno mai provato, in una misura qualsiasi, la sete di potenza: essa è conforme alla nostra natura e tuttavia, a considerarla bene, assume tutti i caratteri di una condizione morbosa, di cui guariamo soltanto per caso oppure per una maturazione interiore affine a quella che si produsse in Carlo V allorché , abdicando a Bruxelles all’apice della gloria, insegnò al mondo che l’eccesso di stanchezza poteva suscitare scene altrettanto ammirevoli dell’eccesso di coraggio. Ma, anomalia o meraviglia, la rinuncia, sfida alle nostre costanti, alla nostra identità, interviene soltanto in momenti eccezionali, caso limite che appaga il filosofo e confonde lo storico.
Esaminatevi mentre l’ambizione vi tormenta, mentre ne subite la febbre; e analizzate più attentamente i vostri «accessi». Constaterete che sono preceduti da sintomi curiosi, da uno speciale calore, che non mancherà di trascinarvi e di allarmarvi. Intossicati d’avvenire per abuso di speranza, vi sentite subito responsabili del presente e del futuro, nel cuore della durata, carica dei vostri brividi, e con la quale, agenti d’una anarchia universale, sognate di esplodere. Attenti agli avvenimenti del vostro cervello e alle vicissitudini del vostro sangue, volti verso il vostro squilibrio, ne spiate e amati i segni. Fonte di turbamenti, di malesseri senza pari, la follia politica, se sommerge l’intelligenza, favorisce in compenso gli istinti e vi sprofonda in un caos salutare. L’idea del bene e soprattutto del male che immaginate di poter compiere vi rallegrerà ed esalterà; e tale sarà la prova di forza, il prodigio delle vostre infermità, che esse vi renderanno padroni di tutti e di tutto.
Intorno a voi, noterete uno sconvolgimento analogo in coloro che sono rosi dalla stessa passione. Fintanto che ne subiranno il dominio, saranno irriconoscibili, preda di un’ebbrezza diversa da tutte le altre. In loro tutto cambierà, perfino il timbro della voce. L’ambizione è un droga che fa di colui che vi si dedica un demente in potenza. Chi non ha osservato in sé o negli altri queste stigmate, quest’aria di animale smarrito, questi tratti inquieti e come accesi da un’estasi sordida, rimarrà estraneo ai malefici e ai benefici del Potere, inferno tonificante, sintesi di veleno e di panacea.
Immaginate adesso il processo inverso: passata la febbre, eccovi disincantati, normali fino all’eccesso. Più nessuna ambizione, e dunque più nessun mezzo di essere qualcuno o qualche cosa; il nulla in persona, il vuoto incarnato: ghiandole e viscere chiaroveggenti, ossa disingannate, un corpo invaso dalla lucidità, puro per se stesso, fuori gioco, fuori tempo, sospeso a un io irrigidito in un sapere totale senza conoscenze. Dove ritrovate l’attimo fuggito? Chi ve lo ridarà? Dappertutto gente frenetica o stregata, una folla di anormali che la ragione ha abbandonato per rifugiarsi presso di voi, unici ad aver tutto capito, spettatori assoluti, smarriti fra stolti, restii per sempre alla farsa unanime. E dato che l’intervallo che vi separa dagli altri non cessa di ingrandirsi, vi viene da domandarvi se non avete per caso percepito una realtà nascosta a tutti. Rivelazione infima o capitale, il contenuto ve ne resterà oscuro. La sola cosa di cui siete certi è il vostro accesso a un equilibrio inaudito, promozione di uno spirito sottratto a ogni complicità con gli altri. Ingiustamente sensati, più ponderati di tutti i saggi, così vi scoprite… E se tuttavia assomigliate ai forsennati che vi circondano, avvertite che un’inezia ve ne distinguerà per sempre; questa sensazione o questa illusione fa sì che, se compite i loro stessi atti, voi non ci mettete però né la stessa alacrità né la stessa convinzione. Barare sarà per voi una questione di onore, e l’unico modo di vincere i vostri « accessi » o di impedirne il ritorno. Se c’è voluta né più né meno che una rivelazione, o un disastro, ne dedurrete che coloro che non hanno attraversato una crisi simile sprofonderanno sempre più nelle stravaganze inerenti alla nostra razza.
Si è notata la simmetria? Per diventare uomini politici, vale a dire per avere la stoffa di un tiranno, occorre uno sconvolgimento mentale; per cessare di esserlo, se ne impone ugualmente un altro: non si tratterà, in fondo, di una metamorfosi del nostro delirio di grandezza? Passare dalla volontà di essere il primo nella comunità a quella di esservi l’ultimo, è come, attraverso un mutamento d’orgoglio, sostituire a una follia dinamica una follia statica, un genere insolito d’insania, altrettanto insolito della rinuncia che ne deriva e che, appartenendo all’ascesi piuttosto che alla politica, non rientra nel nostro discorso”.
E. M. Cioran, Storia e utopia, Adelphi, 1992, pp. 53-56.
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