Ovvero… solitudine e rassegnazione.
di Carmelo Anastasio
Vimodrone (Milano)
Vimodrone (Milano)
.
Viaggio di giugno a Fuscaldo. E’ ancora li , immobile sulla collina, quasi in trance avvolto nella sua persistente coltre di nebbia, un misto di acqua e anice.
Nella passeggiata allo zenit, nessuno per strada; per accompagnatore nemmeno la mia ombra.
Fuscaldo è rupestre come Orte cui somiglia anche per i centrali contrafforti sotto la chiesa di San Giuseppe. Bisognerebbe proporre l’ennesimo gemellaggio.
Le città rupestri , si sa, invitano al volo. Un po’ come dire che sono altrettante piattaforme di tormento. Non puoi non sentirti aquila in questo posto. Ma sentirsi aquila e non esser aquila non è condizione felice.
Dopo aver disceso le vineddre vuote, riempite solo di chiacchiere con gli antenati, a questo penso affacciato alla ringhiera del belvedere che offre la piazza, davanti al quadro meraviglioso di terrazzi digradanti sostenuti da bassi muri a secco, della collinetta del convento di San Francesco e del mare laggiù , non tanto luminoso ma tranquillo e non più azzurra pista da ballo della ninfa Scilla.
E col pensiero volo nell’altro santuario, quello di San Francesco a Paola e vedo genuflettersi per errore molti fedeli davanti al verde sepolcro marmoreo del sanguinario marchese Spinelli. Qualcuno dovrebbe spiegare loro che le reliquie del Santo sono esposte sul lato opposto della cappella. A scanso d’equivoci, quei resti di spoglia mortale , bisognerebbe riportarli a Fuscaldo , nel castello del nobile. Tanto, in passato, Paola ha cercato in ogni modo di cancellare la sua dipendenza dal feudo di Fuscaldo.
Gli occhi disegnano ghirigori nel cielo , ora terso per incanto e così diventa più forte il desiderio di spiccare il volo da quassù e vederli dall’alto gli uomini parcati nel PdL, PD e una miriade di partiti minori , vederli nei loro giochi mentali ove gli affetti , le azioni, il benessere comune, rimangono incapsulati in rigide forme feudali tra interminabili accuse di disavanzo e spartizioni di denaro pubblico.
E gli altri? Quelli che “ va bene così, io li rivoto”? E i “monoculi” ? Stanno li, nella loro ottusità, come lucertole al sole, immersi nelle secche di naturalismo e consoni solo alla loro calabresità obesa. Forse sono proprio loro la vera cancrena di questa martoriata terra di Calabria.
E’ un volo impossibile. Fuscaldo così come molti altri paesi del sud, corre pessimisticamente verso la sconfitta. E ogni anno somiglia sempre di più al mitico Macondo di Màrquez ; senza i Buendìa però, e mancano le compagnie bananifere.
Meglio allora ritirarmi da questo sito di bellezza e errore di natura con i suoi uomini gravemente dentro le cose, incapaci di leventià; non c’è danza nel loro passo.
Piano mi avvio verso casa, luogo certamente più angusto ma bello, da li vedi il mare, non spii dentro l’abitazione dell’altro a tre metri di distanza. Luogo magicamente bello e pieno di risorse come la stanza di Melquìades. Guardando la facciata calda di casa , quella esposta a ovest, su per le scale cerco di ricordarmi dove ho letto “l’edificio non deve aprire ma chiudere”. Niente, non mi viene. Pensando alle nuove costruzioni fuscaldesi ricordo però altro: in queste costruzioni moderne Campanella non avrebbe scritto “Del senso delle cose” perché qui le cose non hanno più senso.
Campanella ha pensato e scritto tanto finché stava dentro, in carcere. Una volta libero in Francia non ha prodotto più nulla.
Pietre, pietre, sempre pietre. Fuscaldo non avrà anche il cuore duro come portale ornamentoso?
Anche nella stanza più cubica, quella di Melquìades , non riesco a mettere una chiosa a questi appunti di viaggio. La domanda sull’edificio sta diventando tarlo accompagnata dalla voce di De André “… il pozzo è profondo, più fondo della notte del pianto…”. Ho dimenticato a Milano la catena “chiavetta” che già mi manca… internet!
Domani riparto. Dal terrazzino guardo su e intanto qualcuno “vivo” nella via Piana di Rubens Santoro, attacca con “il cielo è sempre più blu” di Rino Gaetano. Meno male! Sempre meglio dei dialoghi con gli antenati.
“Il primo della stirpe è legato a un albero e l’ultimo se lo stanno mangiando le formiche”. Fuscaldo , non dissolverti come Macondo, non farti spianare dal vento, get well soon!
Nella passeggiata allo zenit, nessuno per strada; per accompagnatore nemmeno la mia ombra.
Fuscaldo è rupestre come Orte cui somiglia anche per i centrali contrafforti sotto la chiesa di San Giuseppe. Bisognerebbe proporre l’ennesimo gemellaggio.
Le città rupestri , si sa, invitano al volo. Un po’ come dire che sono altrettante piattaforme di tormento. Non puoi non sentirti aquila in questo posto. Ma sentirsi aquila e non esser aquila non è condizione felice.
Dopo aver disceso le vineddre vuote, riempite solo di chiacchiere con gli antenati, a questo penso affacciato alla ringhiera del belvedere che offre la piazza, davanti al quadro meraviglioso di terrazzi digradanti sostenuti da bassi muri a secco, della collinetta del convento di San Francesco e del mare laggiù , non tanto luminoso ma tranquillo e non più azzurra pista da ballo della ninfa Scilla.
E col pensiero volo nell’altro santuario, quello di San Francesco a Paola e vedo genuflettersi per errore molti fedeli davanti al verde sepolcro marmoreo del sanguinario marchese Spinelli. Qualcuno dovrebbe spiegare loro che le reliquie del Santo sono esposte sul lato opposto della cappella. A scanso d’equivoci, quei resti di spoglia mortale , bisognerebbe riportarli a Fuscaldo , nel castello del nobile. Tanto, in passato, Paola ha cercato in ogni modo di cancellare la sua dipendenza dal feudo di Fuscaldo.
Gli occhi disegnano ghirigori nel cielo , ora terso per incanto e così diventa più forte il desiderio di spiccare il volo da quassù e vederli dall’alto gli uomini parcati nel PdL, PD e una miriade di partiti minori , vederli nei loro giochi mentali ove gli affetti , le azioni, il benessere comune, rimangono incapsulati in rigide forme feudali tra interminabili accuse di disavanzo e spartizioni di denaro pubblico.
E gli altri? Quelli che “ va bene così, io li rivoto”? E i “monoculi” ? Stanno li, nella loro ottusità, come lucertole al sole, immersi nelle secche di naturalismo e consoni solo alla loro calabresità obesa. Forse sono proprio loro la vera cancrena di questa martoriata terra di Calabria.
E’ un volo impossibile. Fuscaldo così come molti altri paesi del sud, corre pessimisticamente verso la sconfitta. E ogni anno somiglia sempre di più al mitico Macondo di Màrquez ; senza i Buendìa però, e mancano le compagnie bananifere.
Meglio allora ritirarmi da questo sito di bellezza e errore di natura con i suoi uomini gravemente dentro le cose, incapaci di leventià; non c’è danza nel loro passo.
Piano mi avvio verso casa, luogo certamente più angusto ma bello, da li vedi il mare, non spii dentro l’abitazione dell’altro a tre metri di distanza. Luogo magicamente bello e pieno di risorse come la stanza di Melquìades. Guardando la facciata calda di casa , quella esposta a ovest, su per le scale cerco di ricordarmi dove ho letto “l’edificio non deve aprire ma chiudere”. Niente, non mi viene. Pensando alle nuove costruzioni fuscaldesi ricordo però altro: in queste costruzioni moderne Campanella non avrebbe scritto “Del senso delle cose” perché qui le cose non hanno più senso.
Campanella ha pensato e scritto tanto finché stava dentro, in carcere. Una volta libero in Francia non ha prodotto più nulla.
Pietre, pietre, sempre pietre. Fuscaldo non avrà anche il cuore duro come portale ornamentoso?
Anche nella stanza più cubica, quella di Melquìades , non riesco a mettere una chiosa a questi appunti di viaggio. La domanda sull’edificio sta diventando tarlo accompagnata dalla voce di De André “… il pozzo è profondo, più fondo della notte del pianto…”. Ho dimenticato a Milano la catena “chiavetta” che già mi manca… internet!
Domani riparto. Dal terrazzino guardo su e intanto qualcuno “vivo” nella via Piana di Rubens Santoro, attacca con “il cielo è sempre più blu” di Rino Gaetano. Meno male! Sempre meglio dei dialoghi con gli antenati.
“Il primo della stirpe è legato a un albero e l’ultimo se lo stanno mangiando le formiche”. Fuscaldo , non dissolverti come Macondo, non farti spianare dal vento, get well soon!
.
.
"Utopie calabresi"
ringrazia
Carmelo Anastasio
per il cortese contributo
1 commento:
deixei um selo para seu blog.
abraços
Posta un commento