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Soeren Kierkegaard, il “Socrate del Nord”. Soeren Kierkegaard, il poeta, il filosofo, il teologo, il mistico, l’esteta, il religioso, servito come “un canovaccio per lustrare ogni causa”, ebbe a dire Remo Cantoni. Soeren Kierkegaard, il dialettico.
“L’“imbarazzo” della comprensione che si prova quando ci si imbatte nei suoi libri - sostiene Grimaldi - è testimoniata dal suo più grande studioso, Cornelio Fabro, che ci ha lasciato questa inaspettata confessione: “la struttura della sua produzione a me pare di comprenderla meglio quando la prospetto in due momenti: prima e al di qua di ogni specificazione - e dopo e al di là di ogni specificazione. Voglio dire che quando considero Kierkegaard uomo vivo e cristiano sincero mentre sente e muove i problemi, tutto o quasi tutto mi sembra abbastanza chiaro nella selva della sua vita e della sua opera… Quando invece considero il Kierkegaard dopo e al di là di ogni specificazione - il Kierkegaard “conclusivo” o “conclusivo inconcludente”! - …mi sembra che neppure uno sia in grado di soddisfare non soltanto me, ma nessuno - esteta, filosofo, teologo, uomo, cristiano o asceta e mistico che sia”.
“Lo scrivere ha occupato tutta la vita di Kierkegaard, e la vita di lui occupa tutto il suo scrivere”, dice Fabro. Un suo coetaneo, Robert Nielsen, rincara la dose: “Egli non fu un giovane che sia diventato vecchio con gli anni, non un leggero che poi sia divenuto serio, non un esteta che più tardi sia diventato religioso: no, egli era fin da principio tutto ciò che egli poi fu, in un raddoppiamento singolare; vecchio nella sua giovinezza, serio nel suo scherzo, allegro nel suo dolore, dolce nella sua fortezza, mesto nella sua amarezza. Kierkegaard è a tal punto una natura a priori che egli quasi manca della perfettibilità”.
Ma Kierkegaard è davvero il padre dell’esistenzialismo? “Forse questa catalogazione - sostiene Grimaldi - andrà bene per i libri di storia della filosofia, ma non per chi lo legge. E soprattutto per chi riesce a capirlo, attraverso la sua stessa dialettica indirizzata all’etica”.
Il libro, inserito dalle Edizioni Ursini nella collaudata collana Galassie, si chiude con questa interrogazione: “Se scrivere su Kierkegaard significa più che di semplice ricordo, categoria possibile di una declinazione “estetica”, di una “ripresa” del suo pensiero”, ciò è possibile senza la propria personale reduplicazione etica, quale telos della sua “comunicazione”? La risposta è: “no!”

3 commenti:
Aprecio Kierkegaard. O Banquete marcou-me para sempre, porque o li muito nova -que seria vida sem recordação?
Venho desejar-te um 2010 pleno de saúde.
Beijo
L’uomo non fa quasi mai uso delle libertà che ha, come per esempio della libertà di pensiero; pretende invece come compenso la libertà di parola.
Kierkegaard
Mi piace tanto questo suo pensiero.
Sereno Natale
Olá Domenico
Peço perdão porque hoje não vou comentar o post. É só para lhe dar um abraço de Boas Festas
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