giovedì 15 settembre 2011

"Le ali del cigno" di Tina D'Agostino

La poetessa vibonese pubblica con le Edizioni Ursini la sua seconda raccolta.

Vibo Valentia - A poco più di dieci anni dalla pubblicazione del suo primo volume “Segreti dell’anima”, la vibonese Tina D’Agostino torna alla poesia con la raccolta “Le ali del cigno”, pubblicata nei giorni scorsi dalle Edizioni Ursini di Catanzaro.
Premiata di recente alla terza edizione del “Vivarium”, per la poesia “Madre”, per Tina D’Agostino la poesia è un modo "per comunicare agli altri il vero “io” che c'è dentro ognuno di noi, lasciando a chi legge la libertà di coglierlo o meno, senza avere la pretesa di insegnare niente, ma solo di dare uno spunto di riflessione a tutti".
Significativa, in questa occasione, è stata la sua idea di dedicare il volume “All’Anmil e a chi del proprio lavoro ne fa una missione”.
“In un libro, - scive di lei il giornalista Fulvio Castellani - il vero poeta, gioca tutto se stesso: memoria, sensibilità, cultura…, ovvero la migliore parte di sé, quella intima in primo luogo e poi quella che guarda all’esterno, che coglie i momenti delle stagioni, il frastuono della quotidianità, il silenzio di cui sa cogliere ogni e qualsiasi sfumatura. Anche Tina D’Agostino dimostra di possedere la gioia del dire e di ascoltarsi, del suggerire e soprattutto di mettersi in discussione, sempre e comunque, allo scopo di dare consistenza alle proprie idee, alle proprie emozioni, alle proprie delusioni e alle collaterali accelerazioni in direzione della luce”.
Per fare ciò la poetessa vibonese si è affidata alle “ali del cigno”, l’uccello che gli antichi celebravano come “uccello canoro” e della cui bellezza hanno scritto e parlato poeti e prosatori di assoluto prestigio.
C’è in questo volume, inserito dalle edizioni Ursini nella collana “Le farfalle”, una vena di malinconica accettazione del tempo che ci sfugge di mano, troppo in fretta e senza che ce ne accorgiamo.
Con un susseguirsi di momenti alti e vissuti o catturati dalla realtà, il suo filmato poetico tocca il declinare le speranze e mette in risalto situazioni non allettanti, anzi vicende legate alla fame, alle guerre, alle tante domande che rimangono prive di risposte concrete per quanti si attendono giornate di pace, di tranquillità, di serenità, di aperture affettive, di quella mano amica che significa condivisione, speranza, amore.
D’Agostino traccia e scolpisce, con parole calde che nascono da esperienze vissute e con il pennello della sua grande sensibilità, pensieri che invocano l’oblio; e lo fa senza dimenticare, comunque, che dietro l’angolo c’è sempre il buio o quantomeno la penombra. Lei si sente piccola e fragile in attesa del resoconto di tutta una esistenza, di quel tramonto che la condurrà nell’Oltre. Una poesia, dunque, che parte dal profondo, che sa esprimere dimensioni fenomeniche del proprio io e coniugare spontaneità ed hmanitas illuminante.

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