martedì 22 luglio 2008

Alfonso Rendano, il musicista calabrese che Rossini definì "un genio"

di Domenico Condito

Poco conosciuto in Italia, ancor meno in Calabria, che pur gli ha dedicato il suo principale teatro a Cosenza, Alfonso Rendano fu uno dei musicisti italiani più significativi della tradizione tardo-romantica sviluppatasi fra la seconda metà dell’Ottocento e i primi anni del Novecento. Compositore versatile e originale, fu anche un  pianista straordinario. Un esponente della grande scuola pianistica napoletana, ispirata dal concertista internazionale Sigismondo Thalberg, che fu anche insigne didatta e scopritore di talenti.
Era un musicista dalla personalità spiccata, peraltro riconosciuta dalla critica musicale del suo tempo, ma oggi la sua conoscenza è limitata a un pubblico d’essai e affidata a qualche rara incisione discografica. La critica musicale attuale ha avviato una profonda rivalutazione critica della sua opera, riconoscendogli una propria originalità stilistica ed espressiva nel panorama musicale italiano fra Otto e Novecento. Ne tracciamo un breve profilo biografico e artistico.
Alfonso Rendano nacque a Carolei, in provincia di Cosenza, nel 1853. Bambino prodigio, ricevette la sua prima formazione musicale a Caserta. Nel 1863, a soli dieci anni, superò brillantemente l’esame di ammissione al Conservatorio di San Pietro a Majella di Napoli, dove rimase però solo sei mesi. Qui fu subito notato e apprezzato da Mercadante e da Thalberg. A undici anni si esibì per la prima volta in pubblico al Circolo Bonamici di Napoli, incoraggiato dal suo primo maestro Giorgio Miceli, e fin da subito fu giudicato un raro talento musicale. Dal 1866, Thalberg lo accolse fra i suoi allievi privati accanto a Beniamino Cesi, Costantino Palombo e Giuseppe Martucci, anch’essi destinati alla fama precoce e a una brillante carriera musicale. In seguito, Thalberg, consapevole delle notevoli possibilità del ragazzo, inviò il giovane talento calabrese a Parigi dall’amico Gioacchino Rossini, con la raccomandazione di trovargli un insegnante di valore. Rossini riconobbe nel giovane musicista “un piccolo genio” capace di onorare la tradizione musicale italiana, e gli procurò una borsa di studio per poter seguire le lezioni di George Mathias, ch’era stato l’allievo prediletto di Chopin.
Per gli studi di composizione si recò nel 1868 a Lipsia, dove ebbe come maestri Reinecke e Richter. A Parigi conquistò presto una grande celebrità sia come pianista che come compositore, e iniziò una lunga tournée internazionale, che lo portò a raccogliere grandi successi in tutt’Europa. Fra i suoi convinti estimatori musicisti del calibro di Anton Rubinstein, Daniel Auber e Franz Liszt. Conobbe Anton Rubinstein in Germania, dove si esibì sotto la direzione di Bottesini, e sarà proprio il celebre compositore e pianista russo a diffondere le musiche di Rendano in Russia.
Fondamentale il suo passaggio a Vienna nel 1880. Nella capitale austriaca divenne amico di Hans von Bulow e, soprattutto, di Franz Liszt. Quest’ultimo lo trattenne con sé per qualche mese a Weimar. Durante questo periodo Liszt ebbe modo di apprezzare il notevole Concerto per pianoforte e orchestra del maestro Rendano. Questa felice circostanza consentì al maestro calabrese di far conoscere il suo Concerto, seppure nella riduzione per due pianoforti, in collaborazione con lo stesso Liszt, che mostrò interesse anche per il suo Quintetto per pianoforte e archi (1879).
Quella di Rendano fu vera gloria, e ciò indusse il Conservatorio S. Pietro a Majella di Napoli a conferirgli nel 1883 la cattedra di pianoforte, che il maestro, insofferente verso le istituzioni pubbliche, mantenne solo per qualche anno, fino al 1886, preferendo l’insegnamento privato a quello pubblico. A Napoli affiancò sempre l’attività didattica a quella di concertista. Proseguì poi il suo insegnamento a Roma, dove fondò un importante “Istituto Musicale”.
Il maestro calabrese fu anche un innovatore in campo strumentistico, e si deve a lui l’invenzione del pedale indipendente, detto anche terzo pedale o pedale Rendano, che applicato al pianoforte consentiva di prolungare le vibrazioni di un determinato suono.
Riconosciuto come uno dei maggiori pianisti europei del suo tempo, interpretò un vasto repertorio prevalentemente romantico, ma non solo, comprendente Bach, Scarlatti, Beethoven, Weber, Schumann, Chopin, Mendelssohn, Liszt, Rubinstein. Memorabile rimase il suo concerto per la Società del Quartetto di Milano nel dicembre del 1874, così come si ricordano i concerti in cui eseguì l’integrale delle Sonate di Beethoven, e le collaborazioni concertistiche con il mitico violinista Joachim, intimo amico e confidente di Brahms. “Comprensibile, dunque, che nel Rendano compositore travasi l’appresa esperienza romantica. Le sue opere si legano difatti strettamente a quella splendida stagione spirituale nelle sue forme più tardive ed aggiornate. Ma Rendano recò in quell’esperienza, inizialmente centroeuropea, anche la forte caratterizzazione delle sue radici etniche, innestando una sensibilità meridionale, che in quegli anni andava trovando spazi nella letteratura (e non solo musicale) verista sul ceppo della storica e non ancora spenta tradizione romantica. Fu insomma il suo, un romanticismo postumo, illuminato dalla grande conoscenza della letteratura musicale europea, ma anche ringiovanito di nuova linfa da idee musicali e temperamento tutti meridionali, dunque lontani o “periferici” rispetto ai luoghi di propulsione della grande Romantik tedesca. Temperamento ed idee generalmente sino allora piuttosto convogliate nel grande alveo del melodramma italiano, dall’antica e gloriosa Scuola napoletana settecentesca a Bellini e Mercadante, sino al più giovane Giordano e al conterraneo Cilea. E lo stesso Rendano, del resto, non resisté, almeno una volta, a cimentarsi con la prova del fuoco del melodramma componendo per il Teatro Regio di Torino Consuelo (1902), su un romanzo di George Sand, opera che destò consensi soprattutto in terra tedesca” (Lorenzo Tozzi, Alfonso Rendano, un romantico dal profondo Sud, dal libretto del cd: Alfonso Rendano, Piano Quintet - 9 Piano Pieces, Aura Music, 1999).
La sua produzione comprende circa settanta brani per solo pianoforte, un Concerto per pianoforte e orchestra, un Quintetto per pianoforte e archi, un Allegro in la minore per due pianoforti, l’opera Consuelo ed alcune composizioni d’insieme, fra le quali la Marcia funebre in morte di un pettirosso per piccola orchestra. Segnaliamo, in particolare, il citato Quintetto per pianoforte e archi, che riassume in modo emblematico lo stile e la poetica del maestro Rendano, sospeso fra il Romanticismo di matrice tedesca e una certa musicalità tipica della tradizione popolare calabrese. Significativo, in tal senso, il movimento centrale Trio “alla calabrese”, che ripropone il tema di un antico canto popolare calabro che filosofeggia sulla morte. Il movimento sviluppa il tema popolare attraverso variazioni inusuali per carica drammatica ed estrazione climatica, prima di sfociare nell’Allegro con fuoco finale, febbrilmente schumanniano. Il Quintetto composto nel 1879, dopo i due quintetti di Sgambati e coevo con quello di Martucci, riscosse subito un grande successo, al punto che il mitico Quartetto Joachim lo eseguì più volte con lo stesso Rendano al pianoforte. Il grande musicista calabrese morì a Roma nel 1931.



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