mercoledì 12 ottobre 2011

“L’onda del cielo”, poesie di Maria Bertilla Franchetti

La giornalista e poetessa pubblica con Ursini il suo nuovo volume


CATANZARO - Quarta raccolta per Maria Bertilla Franchetti. Dopo “Sguardi di speranza”, pubblicata lo scorso anno, con prefazione di Magdi Cristiano Allam, la nota poetessa e giornalista, docente di lettere in un liceo veronese e membro di un gruppo di formazione e ricerca dell’Università Ca’ Foscari di Venezia, ha affidato in questi giorni alle edizioni Ursini di Catanzaro la stampa del suo quato volume.
Franchetti, tra l’altro, ha anche all’attivo alcuni importanti premi letterari, tra i quali quello per la migliore lirica dedicata ad Alda Merini, assegnatole lo scorso anno dall’Accademia dei Bronzi.
“Nelle sue opere - scrive Leda D’Amico - convivono un po’ tutte le caratteristiche e le problematiche delle donne colte e sensibili di oggi: spirito di osservazione acuto; desiderio di capire; voglia di cambiare; rifiuto di tutto quello che una coscienza civile e cristiana non può accettare; anelito di pace; senso religioso profondo ma non passivo. Il linguaggio solamente lirico non le sembra sempre adeguato; per questo ricorre anche al taglio tipico della penna della giornalista: descrizione precisa e attenta di quanto vuole far conoscere o testimoniare; toni dolorosi e pregnanti; lessico spontaneo e intenso che cerca verità”.
Maria Bertilla è attratta da figure di fortissimo spessore. Padre Turoldo, Alda Merini, Madre Teresa di Calcutta, San Giovanni Calabria e altri pilastri del nostro tempo, per lei non furono dei mistici, estranei al mondo e alle sue brutture: al contrario, vissero da poveri con i più poveri, da sofferenti con i più reietti, come uomini e donne nella loro totale completezza.
Anche Maria Bertilla è così: guarda la realtà in faccia e non arretra; soffre, ma non vuole arrendersi; chiede aiuto, ma intanto combatte.
In questo nuovo volume, inserito dalle edizioni Ursini nella collaudata collana “Le farfalle”, la giornalista è sempre pronta a rientrare nella storia quotidiana, ma lo fa con un taglio letterario di grande spessore. Maria Bertilla è tristemente consapevole che i vocaboli non bastano; sente l’aspirazione a liberarsi dal “troppo” che impedisce di raggiungere il cuore delle cose, il senso della vita e invoca uno sguardo nuovo e più essenziale: “Arte, prestami i tuoi occhi/ per leggere le tue pagine/ universali e perenni..”. Tutto ciò nella prima sezione del libro. Nella seconda, invece, rivela una religiosità sofferta e al tempo stesso delicata: “Io non so dove le aquile/ abbiano il proprio nido/ e quale sia il tetto/ più sicuro per oggi”. L’autrice percorre tutte le verità di fede che le sono state insegnate; dichiara una fede convinta in Dio e nella Chiesa; invoca aiuto quando sente che la sofferenza la debilita nel corpo e nello spirito. Si rialza, si riprende con un pensiero di consolazione: “Non crolli la tua anima/ nel nulla desertificante,/ non spremi il tuo cuore/ i singulti dell'abbandono”.
Un libro che segnerà certamente una traccia indelebile nel cuore delle tante persone che avranno la fortuna di leggerlo nel prossimi giorni.

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