Gimigliano - Il brigantaggio nel periodo post unitario è stato il tema di un interessante incontro che si è tenuto venerdì scorso nell’Aula consiliare del comune di Gimigliano, alla presenza del sindaco della città Massimo Chiarella, dell’assessore alla cultura Peppina Minervini, e del prefetto di Catanzaro, Antonio Reppucci.
All’incontro, inserito in una più ampia rassegna dedicata ai festeggiamenti per il 150° anniversario dell’Unità d’Italia, hanno partecipato Antonio Caroleo, presidente dell’associazione “Oppidum Galliani” e autore del volume “Briganti in Calabria”, pubblicato nei giorni scorsi dalle Edizioni Ursini, Ulderico Nisticò, Antonio Garcea, Giovanni Lepera. Ciascun relatore ha sviluppato un particolare aspetto del brigantaggio calabrese.
Nisticò ha posto in evidenza la dignità politica del brigantaggio, attraverso l’esposizione di fatti ed episodi storici, riti, usi e costumi che hanno destato attenzione e interesse nel qualificato pubblico.
L’aspetto storico-sociale, è stato curato da Giovanni Le Pera. Con la sua consueta bravura, Le Pera ha fatto un excursus storico sul fenomeno del brigantaggio in Calabria e sui monti della Sila. Infine, Antonio Garcea ha illustrato atti e documenti conservati presso l’Archivio di Stato, relativi alle numerose cause penali istruite nei confronti di bande di briganti della provincia.
Il libro pubblicato dalle Edizioni Ursini ha offerto, quindi, lo spunto per un’approfondita analisi del fenomeno brigantaggio, sia dal punto di vista socio-antropologico che politico.
Nei prossimi giorni, Ursini festeggerà il 150° anno dell’Unità d’Italia con la pubblicazione di un altro interessante volume dal titolo “Il brigantaggio nel catanzarese: realtà, leggenda, memoria e testi di tradizione orale”, a cura di Silvestro Bressi e Vito Teti. Tra le iniziative del comune di Gimigliano per i festeggiamenti dell’anniversario dell’Unità d’Italia, spicca, infine, l’incontro tenutosi con il presidente emerito della Corte Costituzionale, professor Cesare Mirabello, seguito con grande interesse dall’intera comunità.
“La storia del brigantaggio - ha sottolineato Antonio Caroleo - ci riguarda da vicino ed è bene conoscerla più a fondo, senza veli o mistificazioni, raccontando con cruda realtà fatti e misfatti, stupri e rapine, sequestri e omicidi, incendi e saccheggi, violenze inaudite che, direttamente o indirettamente, travolsero i nostri avi determinando inenarrabili sofferenze, ma anche episodi di rivolta sociale, guerriglia e resistenza alle occupazioni militari del sud Italia e della Calabria.
Ma il vero motivo, forse più banale e sincero, per cui ci siamo interessati all’argomento, ferme tutte le motivazioni suddette, consiste in una semplice frase pronunciata a cuor leggero durante un’accesa discussione tra amici, in cui l’uno volendo stigmatizzare il comportamento malandrino dell’altro lo apostrofava: “ma si propriù nù briganta”.Questa frase, adoperata di sovente, nella sua accezione comune ha sollevato il nostro interesse non perché pronunciata con disprezzo, con l’inconfessata volontà di offendere, ma perché ad essa in generale si assegna sempre e comunque un significato esclusivamente negativo.
Riflettendo bene su tale sconfortante stereotipo, ci siamo chiesti se con il termine “brigante” si vuole indicare l’uomo malvagio e senza scrupoli, capace di commettere senza rimorso efferati delitti, o se, più prudentemente, si può rivedere un giudizio tanto perentorio quanto sbrigativo assegnando, ai termini brigante e brigantaggio un significato più corrispondente al vero, eliminando quelle incrostazioni create da una parte dalla storiografia ufficiale quale retaggio della sindrome del vincitore, e dall’altra dall’idealizzazione mitologica e romanzata del brigante dal cuore nobile”.
e il sindaco Massimo Chiarella
Nessun commento:
Posta un commento