SQUILLACE - I risultati della campagna di scavi archeologici svolta da giugno a dicembre scorsi nel castello di Squillace sono stati presentati venerdì, nella sala conferenze dell’Istituto Cassiodoro di Squillace. Dopo l’introduzione dell’assessore comunale alla Cultura Agazio Spanò, il quale ha fatto anche una breve riflessione sull’indagine archeologica, “che deve essere condotta con il fine della fruizione pubblica e della conoscenza collettiva”, ha preso la parola l’archeologa, Chiara Raimondo, responsabile degli scavi archeologici del castello, che ha presentato la squadra impegnata negli scavi e composta da Angela Bosco, Raffaella Cicero, Francesca Conidi, Paola De Idonè, Achiropita Scorpaniti (responsabili di settore); Amedeo Brusco, Eugenio Donato e Tobia Virgilio (addetti ai rilievi topografici e archeologici); Mario Froio (per le riperse video); Anna Pisano (responsabile del magazzino e primo restauro). Mostrando una serie di diapositive, l’archeologa ha illustrato i vari ritrovamenti: primo fra tutti quello relativo ad una brocca del VI-VII secolo e poi le varie tombe, oggetti in ceramica, in metallo, in vetro, in oro. “Sono venute alla luce – ha detto la Raimondo – una decina di tombe, una delle quali, di adulto, aveva come corredo una brocca di ceramica di produzione regionale, a bande rosse, con un graffito raffigurante una croce con piccoli occhielli: questo oggetto costituisce il più antico reperto finora rinvenuto a Squillace”. Soffermandosi sulla necropoli, l’archeologa ha mostrato i ritrovamenti di diversi banchetti funebri, resti di stoviglie e ceramiche del periodo e forse anche una sepoltura giudaica. Importante, inoltre, il ritrovamento di una botola all’interno della torre angioina; mentre nella torre federiciana, di forma poligonale, è stato trovato un primo pavimento in pietra e, al di sotto, un’altra pavimentazione con un taglio che porta al sotterraneo. Su un lato della stessa torre è venuta fuori una scala che permette l’accesso al piano sotterraneo. Nel palazzo federiciano, poi, sono venute alla luce le tre strutture murarie appartenenti alle tre fasi normanne. Imponente la massa di ceramiche ritrovata: un patrimonio incredibile che sarà sistemato in un apposito museo. Al termine la Raimondo ha fatto un appello per salvare il Castrum bizantino di S. Maria del Mare a Stalettì, tra le più importanti per la storia dell’Altomedioevo italiano e del periodo bizantino in Calabria. “Buona parte di una delle torri di fiancheggiamento dell’entrata principale al castrum – ha detto - è crollata. Chiedo un intervento al fine di fermare un disastro archeologico e la pianificazione di un programma di finanziamenti a lungo termine per valorizzare un’area di incommensurabile valore storico, archeologico e paesaggistico”.
In rappresentanza della Soprintendenza per i Beni archeologici della Calabria è intervenuta M. Grazia Aisa, la quale ha rilevato che c’è un forte interesse della Soprintendenza per l’area di Squillace e dintorni, ma è importante che tutte le altre istituzioni, anzitutto la Regione, si attivino con i finanziamenti per dare impulso alla ricerca archeologica.
Concludendo, il sindaco di Squillace Guido Rhodio ha posto l’accento sul fatto che “gli scavi effettuati nel castello hanno condotto a eventi di portata storica”. “A buon ragione – ha aggiunto Rhodio – si può dire che l’attuale sito di Squillace era abitato anche nel VI secolo e che, grazie ai tanti reperti venuti alla luce, anche la storia della nostra ceramica viene stravolta e integrata”.
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