sabato 27 dicembre 2008

SALVATORE PUJIA

Testo critico
di Maria Rosaria Gallo

Salvatore Pujia è nato a Nicastro (CZ) nel 1965.

Ha frequentato il Liceo Artistico Statale e l'Accademia delle Belle Arti di Catanzaro e attualmente vive e lavora in provincia di Cuneo. Per lui l'arte è un gioco. Dipingere significa vivere, nel senso proprio di sentirsi vivi. Produrre significa esplorare e sperimentare. E con questo spirito Salvatore Pujia conduce il suo lavoro artistico: sempre in divenire, aperto a nuove esperienze visive, passando con disinvolta creatività dai pennelli alle crete, dalla tela alla carta, alla tavola, dal grande formato al fuori misura.

Il suo è un linguaggio pittorico che muove da esperienze sostanzialmente informali ma, nel corso della sua evoluzione, si è via via arricchito di contenuto e forma.

Pujia è un artista disarmante. La sua espressione artistica risiede nell’innocenza e nell’ingenuità con cui si rapporta alla tela. Non ha mediazioni. Nelle sue opere vive la violenza pura della forza e la leggerezza voluttuosa del sentimento.

Non c’è progetto costruttivo nella sua ricerca, ma naturalezza: puro istinto, puro cuore. Pura passione. L’arte per Pujia è un’esplorazione a doppio senso, materiale ed emozionale. Spontaneamente condotto alla sperimentazione, giunge ad uno stadio di conoscenza primario, svincolato da ogni linguaggio pre-codificato.

Ipersensibile al fascino della materia, incredibilmente attratto dal colore – di cui ne interpreta tutta la potenza intensiva - combina i due elementi senza risparmiare possibilità né disperdere pulsioni creative.

Il piano dell’opera diviene il piano di totale libertà espressiva: l’artista è come un bambino che costruisce le proprie mappe di segni e colori, in una parola, il proprio linguaggio.
Ma le tele sfuggono ad intenzioni e pulsioni e acquistano vitalità propria… la superficie stratificata di colore, a volte corposa a volte velata, a volte carnosa a volte eterea, penetra con violenza l’occhio che la incontra, precipita nel fondo e genera un gorgo di sensazioni che spossessa ogni coscienza.

L’opera di Pujia si compone di superfici che sono, al contempo, profondità e rilievo, estensioni e pieghe: per l’artista non si tratta di immortalare l’atto creativo del principio, né di cogliere l’eterno… l’arte di Pujia è un’arte delle superfici.
Nelle sue tele la vita si libera dalle forme date e si esprime in un movimento materiale, intessuto nelle linee, nelle pieghe e nei contrasti di luce: è la forza che combatte e si misura con se stessa sfociando nella formazione del nuovo. La forma inconsueta, la forma possibile: l’attualità.

E cosi, nell’astratto di Pujia compaiono strani personaggi, inaspettate e poetiche figure o, probabilmente, pure allusioni formali: la casa, la montagna, il mangiatore di nuvole; il pescatore, lo strano cappello, e altre tracce che rimandano ad un vitalismo estetico che contiene quella sfida stilistica che la vita lancia all’uomo nel contemporaneo: sottrarsi alla mortificazione delle forme d’esistenza già date, nella libertà di un processo perenne che inventi nuove possibilità d’esistere, nuovi modi di stare al mondo, nuovi stili di vita.

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