CATANZARO - Quando Jean Rostand (Parigi 1894-1964, accademico di Francia dal 1959), scrittore e filosofo di biologia, si trovava all’apice della sua attività di divulgatore, fu invitato a tracciare una presentazione di un libro stampato da Einaudi nel 1959, che riuniva tre sue opere, così si espresse: “che la biologia sia indispensabile ad una maggiore comprensione dell’uomo, nessuno oggi potrebbe contestarlo. E’ impossibile, senza fare appello ai suoi lumi, trattare un po’ seriamente molte questioni il cui chiarimento è così grave di conseguenze non solo per l’avvenire fisico dell’umanità, ma per il suo avvenire psicologico e sociale. Ma la biologia non si limita a istruirci su noi stessi. E’ scienza attiva, sperimentale, che sempre più tende ad applicare all’essere umano i poteri che ha acquisito attraverso l’esperimento sull’animale”.
Dalla scomparsa di Rostand sono passati poco più di trent’anni, e, naturalmente, anche le idee dei biologi hanno cominciato a cambiare. I ricercatori del settori più avanzati non si accontentano più di ripetere in modo meccanico le leggi di Darwin, ma costruiscono teorie nuove, spesso notevolmente sorprendenti con ipotesi che poggiano chiaramente sull’intervento di un principio organizzatore. Se la vita è una proprietà emergente della materia, il problema che si pone agli uomini di scienza e di filosofia è quello di sapere se esista una transizione continua tra la materia e la vita, tra l’inerte e il vivente e se esista un’area in cui domina la continuità.
Sono questi gli argomenti che Raimondo Verduci, docente emerito di Filosofia Teoretica nell’Istituto Teologico Calabro “San Pio X” e nel Seminario interdiocesano di Scutari (Albania), analizza nel suo volume “Il credo di un biologo: Jean Rostand”, pubblicato di recente dalle Edizioni Ursini di Catanzaro nella collana “Quaderni di Vivarium”.
Il libro, attraverso la critica del pensiero di Jean Rostand, mette in evidenza la problematica sempre attuale sul fenomeno della vita nelle sue manifestazioni e sul concetto filosofico di diversità, rispetto a tutte le cause strutturali che in essa si manifestano.
Dal punto di vista filosofico, difatti, come tutte le scienze, anche la biologia tende ad una visione unitaria del suo oggetto costruendo delle teorie, che sintetizzano i fenomeni vitali.
“Analizzando le opere scritte da Rostand – dice Verduci – si vuole soprattutto mettere in rilievo quelle formulazioni del suo “credo”, “ce que je crois” che sono un insieme di affermazioni che vanno al di là della biologia e toccano problemi filosofici”.
Evidenziando confronti e riscontri – aggiunge – non si pretende di risolvere tutti i problemi che tuttora restano complessi, ma rendere consapevoli che oggi si va verso cognizioni scientifiche “semantiche”, cioè più cariche di quei significati che vanno oltre il riduzionismo”.
Di fronte agli studi in campo biologico, potrebbe sembrare di scarsa importanza occuparsi dei problemi filosofici nei confronti dell’origine e del perché della vita. Tuttavia le teorie filosofiche formulate nel passato, quali il meccanismo e il vitalismo, possono essere ancora discusse, accertate o rifiutate solo secondo ragionamenti filosofici che trascendono il campo della scienza. Il libro di Verduci approfondisce diversi aspetti di queste teorie.
Dalla scomparsa di Rostand sono passati poco più di trent’anni, e, naturalmente, anche le idee dei biologi hanno cominciato a cambiare. I ricercatori del settori più avanzati non si accontentano più di ripetere in modo meccanico le leggi di Darwin, ma costruiscono teorie nuove, spesso notevolmente sorprendenti con ipotesi che poggiano chiaramente sull’intervento di un principio organizzatore. Se la vita è una proprietà emergente della materia, il problema che si pone agli uomini di scienza e di filosofia è quello di sapere se esista una transizione continua tra la materia e la vita, tra l’inerte e il vivente e se esista un’area in cui domina la continuità.
Sono questi gli argomenti che Raimondo Verduci, docente emerito di Filosofia Teoretica nell’Istituto Teologico Calabro “San Pio X” e nel Seminario interdiocesano di Scutari (Albania), analizza nel suo volume “Il credo di un biologo: Jean Rostand”, pubblicato di recente dalle Edizioni Ursini di Catanzaro nella collana “Quaderni di Vivarium”.
Il libro, attraverso la critica del pensiero di Jean Rostand, mette in evidenza la problematica sempre attuale sul fenomeno della vita nelle sue manifestazioni e sul concetto filosofico di diversità, rispetto a tutte le cause strutturali che in essa si manifestano.
Dal punto di vista filosofico, difatti, come tutte le scienze, anche la biologia tende ad una visione unitaria del suo oggetto costruendo delle teorie, che sintetizzano i fenomeni vitali.
“Analizzando le opere scritte da Rostand – dice Verduci – si vuole soprattutto mettere in rilievo quelle formulazioni del suo “credo”, “ce que je crois” che sono un insieme di affermazioni che vanno al di là della biologia e toccano problemi filosofici”.
Evidenziando confronti e riscontri – aggiunge – non si pretende di risolvere tutti i problemi che tuttora restano complessi, ma rendere consapevoli che oggi si va verso cognizioni scientifiche “semantiche”, cioè più cariche di quei significati che vanno oltre il riduzionismo”.
Di fronte agli studi in campo biologico, potrebbe sembrare di scarsa importanza occuparsi dei problemi filosofici nei confronti dell’origine e del perché della vita. Tuttavia le teorie filosofiche formulate nel passato, quali il meccanismo e il vitalismo, possono essere ancora discusse, accertate o rifiutate solo secondo ragionamenti filosofici che trascendono il campo della scienza. Il libro di Verduci approfondisce diversi aspetti di queste teorie.
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