Il poeta dialettale di Sambiase (Catanzaro) "letto" da Pasquino Crupi e dal prof. Carmelo Carabetta, dell'Università di Messina.
Lamezia Terme - “Tale il padre, tale il figlio. Poeta - scrive Pasquino Crupi - di alto e individuo profilo il padre Salvatore Borelli, che ha arricchito la poesia dialettale con le raccolte Duci e amàru (1986), Comu nu suanu (1995) e Quandu canta la cicale (2005); poeta di robusta fibra il figlio Giovannino, che questa nostra poesia dialettale contribuisce ad aumentare, a qualificare, a farla sentinella e custode del dialetto remoto.
Nato a Sambiase nel 1962, Giovannino ha ereditato dal nonno e dal padre la passione per la musica e la poesia. Giovanissimo, ha iniziato lo studio della chitarra classica, conseguendo il diploma presso il Conservatorio “Niccolò Paganini” di Bari. All’attività concertistica abbina quella didattica presso le scuole medie ad indirizzo strumentale.
M’ ‘a sùanu e mm’ a cantu, pubblicata in questi giorni dalle Edizioni Ursini di Catanzaro, è la sua opera prima, e l’opera prima, secondo codice canonico, è per sua natura sempre incompiuta. Non in questo caso.
“Giovannino Borelli - continua Crupi - si rivela poeta adulto, solo di tanto in tanto seduto sulle spalle del Padre, che è stato un poeta gigante. Lui, Giovannino, è poeta contemporaneo all’epoca sua, cioè poeta del tempo relativo, come hanno saputo esserlo i grandi poeti in lingua e in lingua dialettale”.
Presente e passato, passato e presente rotolano di continuo in M’ ‘a sùanu e mm’ a cantu: mai o quasi mai fraterni, sempre in antitesi lontana, senza reciprocante dialettica. Passato e presente, insomma, sono l’uno all’altro termine di paragone, non già due poli della Storia, che preparano un migliore futuro. Sta in questo la novità smagliante della raccolta poetica di Giovannino Borelli. Non conosco nella lunga vicenda della poesia dialettale nessun altro poeta, che, come Giovannino Borelli, sia stato capace di stringere in una sintesi poderosa e prodigiosa le ragioni, liricamente dette, della stagnazione della Calabria, del suo sole nero cui tolgono ombra solo e soltanto i valori spirituali della civiltà contadina, le sue gagliarde feste, la facondia e la fecondità della natura. Il tutto riconvocato dall’orfismo dei versi di Giovannino Borelli, tecnicamente ben costruiti, ritmicamente perfetti, musicalmente compiuti”.
“L’amicizia, il vino, le castagne e la vita campestre - scrive, invece, il prof. Carmelo Carabetta dell’Università di Messina - vengono esaltate nella loro piena validità anche in funzione di un pieno riconoscimento del sacrificio che i lavori della terra richiedevano. In questa direzione Borelli pone come sfondo centrale la religiosità degli individui, sempre presenti ai rituali della comunità. La descrizione di tali riti propizia un sapore nostalgico diffuso, anche se maggiormente inquietante per quelli che in qualche modo vissero quelle esperienze al loro tramonto.
La lettura delle liriche di questo volume riporta alla memoria i sapori scomparsi, gli usi e le tradizioni non più presenti in una società interessata da nuovi valori e da nuovi modelli di vita.
Il senso romantico della percezione della vita di quei tempi sarebbe errato interpretarlo come un mondo esclusivamente idilliaco, anche perché Borelli, con la necessaria obiettività, di quei tempi recupera tutti gli aspetti: quelli piacevoli e quelli meno piacevoli. A questo ultimo ambito appartiene il tema dell’emigrazione…
Nell’ultima parte del volume, Borelli recupera l’attenzione verso il presente, che offre spunti di riflessione preoccupanti e preoccupati. Su questa linea vengono esaltati i temi dominanti della nuova epoca ovvero della post-modernità. Di questa epoca Borelli ne descrive i nuovi comportamenti, i nuovi valori, le nuove convinzioni, che non sempre vengono condivisi dallo stesso.
Le liriche di Borelli con il loro linguaggio e la loro purezza sentimentale offrono al lettore uno scenario affascinante che richiama luoghi e modi di vivere di altri tempi, che se anche relativamente recenti risultano ampiamente posti in oblio da un sistema culturale innovativo propiziato dalla nuova epoca, ovvero dalla post-modernità, che esalta una società dove si celebra la crisi del sentimento del pudore, la crisi dell’autorità parentale, la fine delle passioni e la crisi delle istituzioni.
“A conclusione - dice Carmelo Carabetta - ritengo che le poesie di Borelli rappresentano un valido punto di riferimento per l’interpretazione di un passato fondato sulla cultura di valori che esaltavano la famiglia e tutti quei comportamenti davanti ai quali gli individui della società del tempo presente si dimostrano insofferenti. Borelli con questa sua opera convalida il valore dell’eredità genetica, essendo egli figlio di un genitore che nella sua vita si è sempre lasciato guidare da un rilevante senso artistico come evidenziano i tre volumi di poesie da lui stesso scritti”.
Il poeta-musicista Giovannino Borelli
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