mercoledì 10 settembre 2008

“Utopie Calabresi” sostiene l’Osservatorio per il decoro urbano di Catanzaro sulla salvaguardia dell’area archeologica di Germaneto

Perchè non si ripeta la vicenda di Santa Maria del Mare e di San Martino, a Stalettì, dove le Istituzioni, nei decenni passati, non impedirono la quasi totale distruzione della Scillacium cassiodorea, la cittadella medievale dove fu scritta una delle pagine più importanti della storia culturale e spirituale d’Europa.
L’intervento di Quirino Ledda, ex vice Presidente del Consiglio Regionale della Calabria.

di Domenico Condito

Stalettì (Catanzaro) avrebbe avuto uno sviluppo culturale ed economico di ben’altra importanza se, fra gli anni settanta e ottanta, il suo territorio non avesse subito una delle più vergognose e devastanti speculazioni edilizie della storia del nostro paese. Una colata di cemento immane che, in fasi diverse, ha quasi completamente distrutto il considerevole patrimonio archeologico del territorio, danneggiandone anche le splendide risorse paesaggistiche. Mi riferisco, in particolare, alla costruzione di un complesso turistico-residenziale in località Santa Maria del Mare, sull’area archeologica di Scillacium, la città monastica fondata da Flavio Magno Aurelio Cassiodoro nel VI secolo, e divenuta nei secoli successivi sede di una delle più importanti comunità bizantine della Calabria. Qui, le ruspe infami hanno distrutto uno dei patrimoni archeologici più importanti d’Europa, talvolta lavorando anche di notte con l’ausilio di gruppi elettrogeni, come quando si effettuò lo sbancamento per la realizzazione della piscina del villaggio. In quell’occasione, come risulta dalle pubblicazioni degli archeologi dell’École Française de Rome, fu sventrata l’antica necropoli bizantina: i resti di uomini antichi e sapienti, dediti allo studio, alla preghiera e alla composizione di preziosi codici miniati, furono trattati alla stregua di spazzatura, insieme ai rilevanti reperti archeologici che affioravano durante lo scavo. Una triste storia calabrese, dove sommamente invereconda e colpevole fu la latitanza, se non la collusione diretta, delle Istituzioni pubbliche deputate alla salvaguardia del territorio e delle sue risorse storiche, artistiche ed archeologiche. I lavori per la realizzazione del complesso si protrassero per diversi anni, in fasi successive. Ben tre furono le Amministrazioni Comunali che si succedettero in quel periodo. E queste non solo non si opposero allo scempio, ma fornirono anche il necessario supporto amministrativo e tecnico per l’espletamento della pratica edilizia. Agli atti del Comune di Stalettì esistono, inoltre, i nulla osta rilasciati dalla Soprintendenza per i Beni Ambientali Architettonici Artistici e Storici della Calabria, con sede a Cosenza, per la realizzazione dei lavori. Non furono invece richiesti i pareri della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Calabria di Reggio, perché l’area interessata non era stata ancora sottoposta a vincolo archeologico. Quest’elemento, però, non giustifica il mancato intervento della Soprintendenza per i Beni Archeologici, ma costituisce, a mio parere, una pesante aggravante. Fin dagli anni trenta diversi e autorevoli studiosi avevano segnalato allo stesso Ente la rilevante importanza archeologica dell’area, identificandola insieme a quella di San Martino, poco distante, come “luogo cassiodoreo”: cito, fra tutti, l’Ispettore onorario Cesare Sinopoli nel 1931, Pierre Courcelle col Marrou nel 1938, ancora Courcelle negli anni cinquanta, e infine Emilia Zinzi con i suoi primi studi degli anni sessanta sui "luoghi cassiodorei". C’erano, insomma, tutti gli elementi e i riscontri tecnico-scientifici necessari per vincolare le aree interessate. La mancata adozione del provvedimento da parte dell’Autorità competente è stata un’omissione gravissima, colpevole e devastante per gli effetti che ha prodotto.
Tutti sapevano, nessuno è intervenuto, qualcuno era consapevolmente colluso. Non può essere altrimenti. I lavori, ripeto, sono stati realizzati nell’arco di diversi anni. Ci sarebbe stato tutto il tempo per bloccare la cementificazione e vincolare l’area. Ma i vincoli, purtroppo, per salvare ciò che è rimasto dei “luoghi cassiodorei”, sarebbero arrivati soltanto negli anni novanta, grazie all’azione pressante dell’Amministrazione Comunale del tempo, dov’ero presente come Consigliere comunale con delega alla Cultura e ai Beni Culturali. Operazioni analoghe a quella realizzata a Santa Maria del Mare, furono compiute anche nelle località di San Martino e Palombaro, sempre a Stalettì. Mi domando quale sia stato il ruolo della magistratura calabrese in quegli anni in relazione ai fatti descritti. La domanda è scontata e legittima, molto meno il silenzio assordante che tale interrogativo suscita in chi se lo pone.
Perché non abbiano a ripetersi vicende simili, “Utopie Calabresi”, in sintonia di vedute con Quirino Ledda, ex vice Presidente del Consiglio regionale della Calabria, sostiene la posizione dell'Osservatorio per il decoro urbano di Catanzaro, che chiede alla Soprintendenza Archeologica della Calabria precise garanzie per la tutela e la valorizzazione dell’area archeologica di Germaneto, venuta alla luce durante i lavori per la realizzazione della futura Cittadella Regionale. ''La posizione dell'Osservatorio per il decoro urbano di Catanzaro va sostenuta – afferma Quirino Ledda - affinchè le indagini archeologiche, in località Germaneto, siano serie e approfondite da parte della Soprintendenza, perchè i recenti scavi possono rivelarsi una scoperta importante, non solo per la nostra ricostruzione storica, ma anche per tutta l'area che va dal promontorio “Coscia” (a Stalettì – n.d.B), con i resti Cassiodorei, sino al parco archeologico di Roccelletta, che dista meno di due chilometri in linea d'aria dal luogo dei ritrovamenti. Credo che non destino meraviglia - continua Ledda - questo o altri giacimenti, che potrebbero essere scoperti, perché nella ultima guerra, aerei inglesi, nel fotografare il territorio di Catanzaro Lido, individuarono i resti di un molo antico sul Corace, il che fa dedurre che una parte fosse navigabile, permettendo a Scolacium di fornirsi e avere un traffico commerciale via mare. Questa volta bisogna evitare uno dei tanti rischi già avvenuti nel recente passato da parte delle Istituzioni, che, con il loro silenzio-assenso, hanno provocato danni incalcolabili ai nostri beni culturali, in nome dell'interesse economico. Lo scrittore americano William Faulkner disse «il passato non è mai morto, non è neanche passato». Queste parole - continua Ledda - raccolgono il senso dell'impegno che dobbiamo avere, affinchè la nostra Provincia non rinunci al patrimonio culturale di cui dispone, per rilanciarlo seriamente e renderlo fruibile a tutti coloro che ne sono interessati. La riduzione drastica delle spese in materia di Beni Culturali che il Governo ha deciso, ci deve stimolare affinchè gli Enti intermedi prevedano meno feste e più finanziamenti in questa direzione. Inoltre sarebbe interessante che la città capoluogo si facesse promotrice di un distretto culturale con i Comuni interessati, per creare una rete, un sistema che sappia rispondere alla nuova domanda di un turismo colto ed intelligente''.


Nella foto, Santa Maria del Mare, Stalettì: area archeologica del “castrum quod dicitur Scillacium” nel 1990. Dopo le gloriose campagne di scavi degli anni ottanta e novanta, a San Martino e a Santa Maria del Mare non si scava più. Il sito non è fruibile, e le stesse imponenti strutture, portate alla luce dagli archeologi dell’École Française de Rome, rischiano di andare perdute per sempre, se non si interviene con adeguate opere di risarcimento. Nella foto, a destra, la prof.ssa Ghislaine Noyé che, insieme al prof. François Bougard, ha curato le campagne di scavi sui “luoghi cassiodorei” di Stalettì. (Foto realizzata dal fotografo Antonio Froio di Stalettì).

Nella foto, un momento della “Giornata per i Beni Culturali”, Stalettì - 29 giugno 1990: Domenico Condito (a sinistra), all’epoca Consigliere comunale di Stalettì con delega alla Cultura e ai Beni Culturali, e l’on Quirino Ledda, allora vice Presidente del Consiglio Regionale della Calabria. (Foto realizzata dal fotografo Antonio Froio di Stalettì).

1 commento:

argos ha detto...

Come al solito preciso e tagliente.
Complimenti Mimmo.

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