17 novembre 2008
L'ultimo exploit del ministro Renato Brunetta ("I fannulloni stanno a sinistra") andrebbe liquidato come un sintomo di quell'attacco di volgarità che contagia vari esponenti del Pdl. Erano passate poche ore dagli insulti di Maurizio Gasparri a Walter Veltroni, ed ecco le trovate di Brunetta. Enunciate al convegno dei circoli di Dell'Utri a Montecatini, e quindi con l'intento di galvanizzare i combattenti della libertà ivi riuniti, ma non per questo meno spiacevoli.
Non è mai uno spettacolo gradevole quando il governo getta discredito sull'opposizione; e la sensazione peggiora se gli attacchi sono incartati nella solita unzione ideologica, con cui Brunetta spiega che la vera sinistra è lui, "socialista in Forza Italia", e che quindi l'esistenza dei fannulloni a sinistra lo addolora personalmente. Tutto ciò è in buona misura folclore politico. Di mediocre qualità, e reso euforico dal successo delle fiction manichee di Brunetta contro i pigri e i cattivi. Ma ciò che conta davvero in questi giorni non è tanto la decenza della retorica politica, quanto il fatto che gli insulti di Brunetta sono allo stesso tempo un indizio preciso dell'azione complessiva del governo sul fronte sindacale, e in particolare delle iniziative assunte verso la Cgil. Perché anche i colpi bassi del ministro non sono estemporanei: rispondono a una logica, che consiste nel colpire "i santuari del potere della sinistra". In parole appena meno enfatiche, ciò significa che Brunetta è uno dei registi dell'attacco contro i luoghi e le istituzioni dove si addensa il voto a sinistra. Il pubblico impiego, la scuola, l'università. E in parallelo il sindacato, uno dei pochi contropoteri rimasti sul campo, dopo che il dibattito parlamentare è stato strozzato dalla maggioranza-testuggine, dalla decretazione d'urgenza e dal voto di fiducia.
Se il governo di destra volesse prodursi in un attacco al sindacato simile a quello di Margaret Thatcher contro i minatori, si tratterebbe di una strategia criticabile ma lineare. Invece il governo Berlusconi ha altre modalità d'azione. Sta provando a isolare il sindacato più importante, la Cgil, indicandolo all'opinione pubblica come un ostacolo intollerabile alle riforme governative. Nel frattempo, come si è visto con le cenette e i tête-à-tête, tenta di creare un rapporto preferenziale con le altre due confederazioni, Cisl e Uil. Non è difficile vedere in questa strategia un tentativo di dividere le rappresentanze sindacali, il mondo del lavoro e qualunque settore civile che possa rappresentare un'opposizione. Qua e là sembra di assistere a una specie di revanscismo, espresso da quelle personalità socialiste, come Maurizio Sacconi e lo stesso Brunetta, che lasciano trapelare un rancore storico verso la sinistra e la Cgil. Per altri versi si assiste alla ripresa della manovra "neocorporativa" di Craxi, che portò al referendum sulla scala mobile nel 1985: ma allora esisteva un progetto razionale per spegnere l'inflazione, mentre oggi di progetti notevoli non se ne vedono, e di riforme neppure. Si vedono tagli e, davanti a una recessione grave, misure tendenzialmente recessive. Forse il governo riuscirà così nel tentativo di crearsi un nemico interno su cui scaricare le responsabilità della crisi economica e delle prevedibili ripercussioni in termini di reddito e di occupazione. Ma questa non è un'azione politicamente fruttuosa a priori: assomiglia semmai a una rappresaglia preventiva, e a un ricatto continuo, contro le ultime resistenze. Se si considerano le difficoltà in arrivo, è puerile attaccare gli avversari proprio mentre sarebbero desiderabili relazioni intelligenti (conflittuali sugli interessi e solidali sulle regole di fondo). Aggiungere che "certo sindacalismo di sinistra ha sempre difeso i fannulloni anche quando questi erano indifendibili", come ha fatto in replica Brunetta, significa cercare rogna. Comunque ferire chi può rispondere all'isolamento e alla frustrazione soltanto con l'arma a doppio o triplo taglio dello sciopero. Alle boutade sui fannulloni che allignano a sinistra si può rispondere in tanti modi. Ricordando con cortesia che la pigrizia è bipartisan. Ma anche segnalando che attaccare con ilare irresponsabilità chi sta all'opposizione e chi rappresenta settori consistenti del mondo del lavoro equivale a far serpeggiare flussi di risentimento civile: cioè aizzare una guerricciola che renderà ancora più nevrotico e instabile il tempo difficile che ci troviamo a fronteggiare.
Se il governo di destra volesse prodursi in un attacco al sindacato simile a quello di Margaret Thatcher contro i minatori, si tratterebbe di una strategia criticabile ma lineare. Invece il governo Berlusconi ha altre modalità d'azione. Sta provando a isolare il sindacato più importante, la Cgil, indicandolo all'opinione pubblica come un ostacolo intollerabile alle riforme governative. Nel frattempo, come si è visto con le cenette e i tête-à-tête, tenta di creare un rapporto preferenziale con le altre due confederazioni, Cisl e Uil. Non è difficile vedere in questa strategia un tentativo di dividere le rappresentanze sindacali, il mondo del lavoro e qualunque settore civile che possa rappresentare un'opposizione. Qua e là sembra di assistere a una specie di revanscismo, espresso da quelle personalità socialiste, come Maurizio Sacconi e lo stesso Brunetta, che lasciano trapelare un rancore storico verso la sinistra e la Cgil. Per altri versi si assiste alla ripresa della manovra "neocorporativa" di Craxi, che portò al referendum sulla scala mobile nel 1985: ma allora esisteva un progetto razionale per spegnere l'inflazione, mentre oggi di progetti notevoli non se ne vedono, e di riforme neppure. Si vedono tagli e, davanti a una recessione grave, misure tendenzialmente recessive. Forse il governo riuscirà così nel tentativo di crearsi un nemico interno su cui scaricare le responsabilità della crisi economica e delle prevedibili ripercussioni in termini di reddito e di occupazione. Ma questa non è un'azione politicamente fruttuosa a priori: assomiglia semmai a una rappresaglia preventiva, e a un ricatto continuo, contro le ultime resistenze. Se si considerano le difficoltà in arrivo, è puerile attaccare gli avversari proprio mentre sarebbero desiderabili relazioni intelligenti (conflittuali sugli interessi e solidali sulle regole di fondo). Aggiungere che "certo sindacalismo di sinistra ha sempre difeso i fannulloni anche quando questi erano indifendibili", come ha fatto in replica Brunetta, significa cercare rogna. Comunque ferire chi può rispondere all'isolamento e alla frustrazione soltanto con l'arma a doppio o triplo taglio dello sciopero. Alle boutade sui fannulloni che allignano a sinistra si può rispondere in tanti modi. Ricordando con cortesia che la pigrizia è bipartisan. Ma anche segnalando che attaccare con ilare irresponsabilità chi sta all'opposizione e chi rappresenta settori consistenti del mondo del lavoro equivale a far serpeggiare flussi di risentimento civile: cioè aizzare una guerricciola che renderà ancora più nevrotico e instabile il tempo difficile che ci troviamo a fronteggiare.
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