Pasquale Maria Cerra può dirsi tra i più originali interpreti della corrente figurativa di matrice pop sviluppatasi in Europa a partire dagli anni ’60: una pittura che opera un superamento della figurazione fredda tipica della pop-art, assume una valenza più etica e sociale e si rivolge all’uomo.
Un animo sensibile come pochi, la formazione sociologica, l’appartenenza ad una terra problematica e marginale come la Calabria, la responsabilità dell’insegnamento e il contatto costante con gli adolescenti, sono gli elementi che rendono viva, unica, attuale e dirompente la sua produzione artistica.
Il contesto sociale calabrese e le nuove generazioni rappresentano per l’artista un vero e proprio osservatorio sul mondo che cambia e si trasforma, incessantemente, sotto la scientifica direzione di una società mediatica e tecnologia.
Il tema dell’opera di Pasquale Maria Cerra è la trasformazione antropologica attuata dalla cosiddetta società della tecnica, caratterizzata dalla progressiva perdita dei confini tra realtà e finzione, natura e artificio. Un tema espresso con grande poesia nell’elaborazione di figure e segni quasi ossessivamente replicati, sortiti dalla decodificazione di immagini pubblicitarie, dove ad essere invocata è la potenza del femminile.
Le figure dipinte esplodono dalla superficie pittorica, debordano il quadro, si moltiplicano, si frantumano e si esibiscono: colori ipnotici, posture ammiccanti, smorfie irriverenti, sguardi caldi e volti carichi presentano l’essere prodotto dalla cosmesi. Un processo di spersonalizzazione in cui la simulazione diviene realtà e l’immagine-oggetto spodesta l’umano e diventa, essa stessa, soggetto. I segni del processo sono chiari nell’opera: il corpo perde carnalità e sensazione e si fa silhouette, sagoma modellata e de-sessuata su cui, tra decori e ricami, si intravedono i tratteggi di nuove e inquietanti cuciture: il XXI secolo che produce i suoi golem.
Ma nel volto cosmetico e artificiale, uno sguardo tradisce emozione, un’espressione lamenta tristezza, un tratto comunica gioia e la vita esplode in un urlo: l’urlo graffiante, stridente e giocoso che arriva dal Sud.
Forse un po’ romantico forse un po’ idealista, sicuramente intollerante, P. M. Cerra è uno di quei pochi artisti rimasti a contrastare un sistema in cui la pornografia mediatica si è fatta modello etico-politico, in-formando le anime, penetrando le esistenze, programmando le menti. La sua opera è una dichiarazione di resistenza: in piena cacofonia etico/visiva non rinuncia all’espressione, non rinuncia alla critica e non smette di invocare il potere del corpo e il pudore intellettuale.
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