Il Regno dei Feaci nell’Agro Reggino e l’origine reggina dell’Odissea.
CATANZARO - Dopo “San Tommaso D’Aquino e la Calabria”, “Calabria esoterica”, Pelasgi calabri e Pelasgi dalmati”, solo per citare alcuni dei suoi numerosi volumi, Domenico Rotundo, calabrese di nascita e romano di adozione, pubblica in questi giorni, sempre per i tipi delle Edizioni Ursini di Catanzaro, una nuova corposa opera dal titolo “Atlantide in Italia: il Regno dei Feaci nell’Agro Reggino e l’origine reggina dell’Odissea”.
“Attraverso una serie di saggi - scrive Gianfranco De Turris - l’Autore si ripromette di dimostrare come l’Italia, vale a dire la Calabria e Reggio, siano all’origine della Tradizione che rifiorì dopo il Diluvio Universale, come nella punta dello Stivale siano da localizzarsi innumerevoli terre mitiche e qui si sia realizzata l’Età dell’Oro, come da lì sia iniziata e si sia irraggiata in tutto il mondo una sapienza esoterica tramite miti che riguardavano i principali personaggi sacri ed eroici delle varie religioni, come quella città e quel territorio siano un po’ il “luogo dei luoghi” di innumerevoli leggende che di solito non vengono ricollegati ad essi, anzi si ritengono straniere (il ciclo carolingio, il ciclo bretone, il ciclo nordico)”.
“Un simile intento, che può apparire assurdo ed esagerato, quasi si volesse riscattare una terra attualmente malfamata, viene sorretto da una cultura quasi totalizzante per quel che riguarda la storia e le mitologie classiche e celtico-nordiche, accompagnate da una notevole conoscenza archeologica, artistica, geografica, architettonica, numismatica, letteraria, capace di coordinare la gran massa di informazioni, tra loro sparse, in maniera da portare acqua al mulino delle tesi sostenute dall’Autore. Il tutto viene in aiuto del cosiddetto metodo di indagine “tradizionale”. L’impressione è di una cultura mostruosa, che a tratti può apparire un po’ caotica, ma che tuttavia, alla fine, riesce a raggiungere lo scopo di convincere il lettore della validità e dell’eccezionalità delle tesi sostenute”.
“Stupisce - afferma Rotundo - che l’Agro Reggino, la terra più mitica d’Italia e d’Europa non sia stata oggetto di studio da chi, anche attraverso il mito, cerca di riconoscerne le verità contenute nei simboli, di ricostruire la storia dell’uomo, in particolare la storia delle origini postdiluviane, nella sua dimensione nascosta, quella che gli Antichi, gli Iniziati, hanno voluto occultare con le favole per meglio confondere i profani.
Noi abbiamo tentato di farlo, ci sembra con risultati apprezzabili. Siamo così pervenuti alla conclusione che l’élite sopravvissuta allo sprofondamento dell’Atlantide, dopo il Diluvio, si stabilì in Italia (già colonia del continente scomparso, come ha tramandato Platone) portando in salvo la Tradizione sapienziale, restaurando l’Età dell’Oro (Saturno e Giano-Enotrio) e la Regalità iniziatica (v. anche il mitico approdo in Italia, con la sua Arca, di Giano o Giove Licaone, il Giove del Diluvio). Da qui la localizzazione, nell’Agro Reggino e dintorni (che non a caso si trova al centro esatto del Mediterraneo e dove si verificano fenomeni naturali unici), del Regno di Italo (Giano-Noè), dei “Regni della Vita” da cui Vitalia, Italia), del Giardino delle Esperidi, dell’“Origine degli Dei”, della Stanza delle Sirene e delle Nereidi, dei Campi del Sole dove pascolavano i “buoi” (nell’arcaica lingua greca=uomini e dunque uomini iniziati destinati a ripopolare e ricivilizzare il mondo, come scrive Catone nelle “Origini”) sacri ad Apollo, della dimora di Re Artù e della Fata Morgana (come non senza ragione ritenevano i Normanni), dell’incantato Castello di Klingsor…
Non senza ragione Omero localizzò nell’area dello Stretto di Messina il favoloso Regno dei Feaci la cui capitale Skeria (Reggio) fu anche la patria dimenticata di Ulisse (nipote del reggino Eolo, Re dei Venti) che vi ritornò a morire; quegli stessi Feaci che nell’Agro Reggino custodivano gelosamente il Corno di Amaltea nutrice di Giove, il Vello d’Oro conquistato dall’eolide Giasone (Diomede) nel Giardino delle Esperidi, la Coppa del Graal… Ed è da quei Feaci o Sicani o Ausoni eredi di Atlantide (il cui nome risuona in quello di Italia: lo stesso Italo primordiale fu detto pure Saturno-Atlante) che discendevano i Troiani, i Galli-Celti, i Dalmati, gli ultimi Grecanici di Gallicianò in Aspromonte…
Nel volume si tratta anche, fra l’altro, della vera identità della dea Roma, figlia di Italo, e della vera identità del Nettuno che creò lo Stretto di Messina; del carattere solare-olimpico, legato ai miti delle origini, dell’arcaica cultura greco-reggina (da cui i Bronzi di Riace) e della sua diffusione nell’intero bacino del Mediterraneo e nell’Europa del Nord; della storia di Reggio prima di Anassilao, ricostruita anche sulla base dei miti; degli intensi rapporti fra la Città della Fata Morgana e l’Egitto dei Faraoni, nonché dai fraterni legami fra la stessa, Alessandria d’Egitto (progettata dal pitagorico reggino Diocle) e Roma.
“Attraverso una serie di saggi - scrive Gianfranco De Turris - l’Autore si ripromette di dimostrare come l’Italia, vale a dire la Calabria e Reggio, siano all’origine della Tradizione che rifiorì dopo il Diluvio Universale, come nella punta dello Stivale siano da localizzarsi innumerevoli terre mitiche e qui si sia realizzata l’Età dell’Oro, come da lì sia iniziata e si sia irraggiata in tutto il mondo una sapienza esoterica tramite miti che riguardavano i principali personaggi sacri ed eroici delle varie religioni, come quella città e quel territorio siano un po’ il “luogo dei luoghi” di innumerevoli leggende che di solito non vengono ricollegati ad essi, anzi si ritengono straniere (il ciclo carolingio, il ciclo bretone, il ciclo nordico)”.
“Un simile intento, che può apparire assurdo ed esagerato, quasi si volesse riscattare una terra attualmente malfamata, viene sorretto da una cultura quasi totalizzante per quel che riguarda la storia e le mitologie classiche e celtico-nordiche, accompagnate da una notevole conoscenza archeologica, artistica, geografica, architettonica, numismatica, letteraria, capace di coordinare la gran massa di informazioni, tra loro sparse, in maniera da portare acqua al mulino delle tesi sostenute dall’Autore. Il tutto viene in aiuto del cosiddetto metodo di indagine “tradizionale”. L’impressione è di una cultura mostruosa, che a tratti può apparire un po’ caotica, ma che tuttavia, alla fine, riesce a raggiungere lo scopo di convincere il lettore della validità e dell’eccezionalità delle tesi sostenute”.
“Stupisce - afferma Rotundo - che l’Agro Reggino, la terra più mitica d’Italia e d’Europa non sia stata oggetto di studio da chi, anche attraverso il mito, cerca di riconoscerne le verità contenute nei simboli, di ricostruire la storia dell’uomo, in particolare la storia delle origini postdiluviane, nella sua dimensione nascosta, quella che gli Antichi, gli Iniziati, hanno voluto occultare con le favole per meglio confondere i profani.
Noi abbiamo tentato di farlo, ci sembra con risultati apprezzabili. Siamo così pervenuti alla conclusione che l’élite sopravvissuta allo sprofondamento dell’Atlantide, dopo il Diluvio, si stabilì in Italia (già colonia del continente scomparso, come ha tramandato Platone) portando in salvo la Tradizione sapienziale, restaurando l’Età dell’Oro (Saturno e Giano-Enotrio) e la Regalità iniziatica (v. anche il mitico approdo in Italia, con la sua Arca, di Giano o Giove Licaone, il Giove del Diluvio). Da qui la localizzazione, nell’Agro Reggino e dintorni (che non a caso si trova al centro esatto del Mediterraneo e dove si verificano fenomeni naturali unici), del Regno di Italo (Giano-Noè), dei “Regni della Vita” da cui Vitalia, Italia), del Giardino delle Esperidi, dell’“Origine degli Dei”, della Stanza delle Sirene e delle Nereidi, dei Campi del Sole dove pascolavano i “buoi” (nell’arcaica lingua greca=uomini e dunque uomini iniziati destinati a ripopolare e ricivilizzare il mondo, come scrive Catone nelle “Origini”) sacri ad Apollo, della dimora di Re Artù e della Fata Morgana (come non senza ragione ritenevano i Normanni), dell’incantato Castello di Klingsor…
Non senza ragione Omero localizzò nell’area dello Stretto di Messina il favoloso Regno dei Feaci la cui capitale Skeria (Reggio) fu anche la patria dimenticata di Ulisse (nipote del reggino Eolo, Re dei Venti) che vi ritornò a morire; quegli stessi Feaci che nell’Agro Reggino custodivano gelosamente il Corno di Amaltea nutrice di Giove, il Vello d’Oro conquistato dall’eolide Giasone (Diomede) nel Giardino delle Esperidi, la Coppa del Graal… Ed è da quei Feaci o Sicani o Ausoni eredi di Atlantide (il cui nome risuona in quello di Italia: lo stesso Italo primordiale fu detto pure Saturno-Atlante) che discendevano i Troiani, i Galli-Celti, i Dalmati, gli ultimi Grecanici di Gallicianò in Aspromonte…
Nel volume si tratta anche, fra l’altro, della vera identità della dea Roma, figlia di Italo, e della vera identità del Nettuno che creò lo Stretto di Messina; del carattere solare-olimpico, legato ai miti delle origini, dell’arcaica cultura greco-reggina (da cui i Bronzi di Riace) e della sua diffusione nell’intero bacino del Mediterraneo e nell’Europa del Nord; della storia di Reggio prima di Anassilao, ricostruita anche sulla base dei miti; degli intensi rapporti fra la Città della Fata Morgana e l’Egitto dei Faraoni, nonché dai fraterni legami fra la stessa, Alessandria d’Egitto (progettata dal pitagorico reggino Diocle) e Roma.
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