Dopo “Il canto del Tao”, “Da guerrigliero a poeta”, “Verso il destino”, “I canti del romito” e “Ultimi Voli”, solo per citare alcuni dei suoi numerosi volumi, Giuseppe Prestia (Roccella Jonica 1939), ha pubblicato nei giorni scorsi, per i tipi delle Edizioni Ursini di Catanzaro, una corposa “Antologia poetica”, con prefazione del prof. Carmine Chiodo dell’Università Tor Vergata di Roma.
Per Prestìa la poesia è “logica, filosofia, verità viva vestita di bellezza” (Roberto Busa), e ciò si scorge subito molto bene leggendo attentamente le sue varie sillogi.
L’Antologia, inizia con “un canto della Bellezza Universale, quale immanenza divina” (Il canto del Tao) e finisce - come scrive lo stesso poeta - con “un canto alla stessa bellezza che alla trascendenza divina risale”.
Essa è congegnata in modo tale da essere un itinerario filosofico-estetico-poetico che “dal Tutto vivente parte e ad esso ritorna dopo quarant’anni di riflessioni”.
“Prestia - dice Chiodo - riesce a darci una visione poetica della vita universale, ma è anche poeta del mondo perduto, e si tratta di un mondo sia naturalistico, sia spiritualistico, sia poetico, mentre ora regna il gretto materialismo, il consumismo…”.
Il poeta non lesina spiegazioni, note, commenti e, ovviamente, per poter meglio capire e gustare i versi bisogna tener conto delle sue chiose.
La sua poesia è piena di meditazioni e tocca argomenti vari con i quali egli manifesta i suoi sentimenti, le sue sensazioni intime.
“…Del ventre tuo rovente la magia resta / con la paletta ch’ogni tanto ti scopriva: / e te guardando, ai tuoi primordi / la fantasia volava”.
Una poesia essenziale, naturale; una poesia che talvolta si tinge anche di polemica civile o politica.
“Nell’originale sua poesia - aggiunge il professore Chiodo - si alternano a momenti tesi, polemici, momenti di estasi, di pura bellezza, di luoghi incantati e favolosi; c’è anche l’ignoto, la primavera, la bianca luce (e Bianca luce s’intitola una lirica), e poi anche l’amor che è “beato”, e poi ancora istanti di gioia”.
Non manca il ricordo dei grandi, i sommi come Alighieri, Platone, Leopardi, ma ci sono pure liriche che riguardano altri grandi spiriti come Bruno, Watteau, Lamartine, Mozart, il filosofo Giovanni Gentile e, infine, Benedetto Croce.
Al gennaio-maggio del 2005 risalgono “I canti del romito”, in cui si nota il forte senso di fraternità universale (come ha già evidenziato il prefattore alla raccolta, Roberto Busa), seguiti - nel 2006 - da altrettanti “versi molto belli e fascinosi per inventività e grazia” (Giorgio Bàrberi Squarotti) della raccolta “Ultimi voli”: versi stringati, precisi, essenziali, tipo haiku.
“Prestìa - conclude l’illustre docente universitario - è un poeta di tutto rispetto, originale, vario, sensibile, colto che ci dà una poesia di sostanza che piace per ritmi, temi, lingua, cadenza; egli, con la sua poesia ‘onesta’, ben figura, quindi, nell’attuale affollatissimo Parnaso contemporaneo”.
Per Prestìa la poesia è “logica, filosofia, verità viva vestita di bellezza” (Roberto Busa), e ciò si scorge subito molto bene leggendo attentamente le sue varie sillogi.
L’Antologia, inizia con “un canto della Bellezza Universale, quale immanenza divina” (Il canto del Tao) e finisce - come scrive lo stesso poeta - con “un canto alla stessa bellezza che alla trascendenza divina risale”.
Essa è congegnata in modo tale da essere un itinerario filosofico-estetico-poetico che “dal Tutto vivente parte e ad esso ritorna dopo quarant’anni di riflessioni”.
“Prestia - dice Chiodo - riesce a darci una visione poetica della vita universale, ma è anche poeta del mondo perduto, e si tratta di un mondo sia naturalistico, sia spiritualistico, sia poetico, mentre ora regna il gretto materialismo, il consumismo…”.
Il poeta non lesina spiegazioni, note, commenti e, ovviamente, per poter meglio capire e gustare i versi bisogna tener conto delle sue chiose.
La sua poesia è piena di meditazioni e tocca argomenti vari con i quali egli manifesta i suoi sentimenti, le sue sensazioni intime.
“…Del ventre tuo rovente la magia resta / con la paletta ch’ogni tanto ti scopriva: / e te guardando, ai tuoi primordi / la fantasia volava”.
Una poesia essenziale, naturale; una poesia che talvolta si tinge anche di polemica civile o politica.
“Nell’originale sua poesia - aggiunge il professore Chiodo - si alternano a momenti tesi, polemici, momenti di estasi, di pura bellezza, di luoghi incantati e favolosi; c’è anche l’ignoto, la primavera, la bianca luce (e Bianca luce s’intitola una lirica), e poi anche l’amor che è “beato”, e poi ancora istanti di gioia”.
Non manca il ricordo dei grandi, i sommi come Alighieri, Platone, Leopardi, ma ci sono pure liriche che riguardano altri grandi spiriti come Bruno, Watteau, Lamartine, Mozart, il filosofo Giovanni Gentile e, infine, Benedetto Croce.
Al gennaio-maggio del 2005 risalgono “I canti del romito”, in cui si nota il forte senso di fraternità universale (come ha già evidenziato il prefattore alla raccolta, Roberto Busa), seguiti - nel 2006 - da altrettanti “versi molto belli e fascinosi per inventività e grazia” (Giorgio Bàrberi Squarotti) della raccolta “Ultimi voli”: versi stringati, precisi, essenziali, tipo haiku.
“Prestìa - conclude l’illustre docente universitario - è un poeta di tutto rispetto, originale, vario, sensibile, colto che ci dà una poesia di sostanza che piace per ritmi, temi, lingua, cadenza; egli, con la sua poesia ‘onesta’, ben figura, quindi, nell’attuale affollatissimo Parnaso contemporaneo”.
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