mercoledì 1 ottobre 2008

Rinasce "CULTURA CALABRESE", il quindicinale di controinformazione fondato da GIUSEPPE GRISOLIA

Un ricordo di Giuseppe Grisolia e di Nicola Silvi, suo amico e collaboratore, a quindici anni dalla loro scomparsa.

di Domenico Condito

Quindici anni fa la scomparsa di Giuseppe Grisolia, fondatore di “Cultura Calabrese”, quindicinale di controinformazione a diffusione nazionale. Giornalista, studioso, ricercatore, storico, fu per decenni una delle voci più limpide e libere della nostra regione. Quanti lo hanno conosciuto e letto hanno apprezzato in lui “lo stile di vita di un uomo che, lontano sempre dai palazzi e dalle consorterie ed alieno da lusinghe e adulazioni, ha sempre visto la sua opera come impegno sociale e civile per la rinascita e la rifondazione di una cultura vera ed autentica, scevra da condizionamenti e servilismo e spirito di cordata” (r.g.). Con lui collaborò negli ultimi anni della sua vita, scrivendo su “Cultura Calabrese”, Nicola Silvi, giornalista, saggista, poeta e scrittore di grande valore. Grisolia e Silvi furono due maestri del libero pensiero, che contribuirono ad accrescere la coscienza critica di coloro che ebbero l’opportunità di conoscerne l’opera e l’indomita passione civile. Due voci libere e scomode contro l’arroganza e la volgarità del potere, le ingiustizie sociali, l’intolleranza e l’integralismo. Lontani senz’altro dai tribuni mediatici dei nostri giorni, capaci com'erano, nella loro analisi politica e sociale, d’una più profonda elaborazione culturale.
Oggi “Utopie Calabresi” e Amantea.Net ricordano insieme Giuseppe Grisolia e Nicola Silvi, in concomitanza con la rinascita di “Cultura Calabrese” che riprende la sua attività dopo cinque anni di interruzione per motivi economici. A quest'ultimo proposito, pubblichiamo un contributo di Amantea.Net, che ringraziamo per la collaborazione.

La nuova scommessa di "Cultura Calabrese"
A 15 anni dalla morte prematura di Giuseppe Grisolia, padre fondatore di questo giornale, e dopo 5 anni di interruzione delle pubblicazioni per motivi economici, Cultura Calabrese riprende il suo difficile e tortuoso cammino. E’ d’obbligo chiederci e chiedere ai lettori se la nuova scommessa editoriale che Rosanna intende affrontare ha una sua ragion d’essere, se questo giornale può ancora svolgere un ruolo informativo e formativo che altri giornali e periodici calabresi non svolgono, vuoi perché sono emanazione diretta o indiretta di potentati economici che vivono di sovvenzioni pubbliche erogate dai politici, vuoi perché fatti da padroni e giornalistri che amano il quieto vivere e le laute prebende di cui godono i cortigiani di ogni tempo e paese. “Questa nostra cara creatura non ha mai avuto una vita tranquilla. E non per i colpi disonestamente mancini del Palazzo dai quali ci siamo sempre difesi… ma per le difficoltà economiche…” scriveva 16 anni fa il suo padre fondatore. Uscita per la prima volta nel 1970, Cultura Calabrese era la continuazione di altre esperienze giornalistiche ed editoriali del compianto Giuseppe che fin dal 1943, non ancora ventenne (quale esempio per i giovani d’oggi!), si era cimentato nella pubblicazione di un periodico chiamato “ La Fiaccola” e successivamente “ Il Calabrese”. Ambedue quegli anni sono stati cruciali per la storia del nostro paese ed anche per la Calabria. Nel 1970 la vita politica e sociale era in ebollizione, la critica di massa colpiva ceti politici e potentati economici, il movimento studentesco intrecciva le sue rivendicazioni con le lotte operaie e contadine, nuovi orizzonti di senso e nuovi modelli di esistenza venivano pensati e praticati in Italia e nel mondo, anche in Calabria pur funestata dalla rivolta fascista di Reggio e dalle bombe del 7 settembre di quell’anno. Giuseppe Grisolia volle partecipare a quella fase della nostra storia con le armi che sapeva manovrare, il pensiero critico e la penna. “Senza libertà di critica non vi sono che elogi adulatori” scrisse sotto la testata del suo “quindicinale di controinforma-zione” che era il paradigma della linea editoriale della sua “creatura”.Anche il 1943, anno della pubblicazione del suo primo periodico, era stato un anno cruciale della nostra storia, forse il più importante del ventesimo secolo. Il 25 aprile Mussolini veniva arrestato, il 3 settembre fu firmato l’armistizio con gli anglo-americani già sbarcati in Calabria, nel Nord si organizzava la lotta di Resistenza contro il nazi-fascismo. Iniziava per l’Italia una nuova fase storica che culminerà con l’avvento della Repubblica.La ripresa delle pubblicazioni di “Cultura Calabrese” coincide forse ancora una volta con un periodo cruciale della nostra storia? Siamo forse all’inizio di una nuova fase segnata dalla decadenza della democrazia e dall’involuzione dello Stato verso forme neo-autoritarie? Siamo alle porte di una rottura dell’unità nazionale per effetto di una lenta e ben orchestrata secessione delle aree forti del paese a danno del Mezzogiorno? Credo di si.La Calabria è investita dalle riforme della nuova destra al potere che sta travolgendo le conquiste sociali che negli ultimi cento anni le precedenti generazioni erano riuscite a costruire all’interno di uno Stato pur sempre dominato dalle consorterie economiche e finanziarie del Nord. Ma i calabresi non riescono a percepire il pericolo e continuano a credere ai padrini politici di turno che si alternano in consonanza tra di loro nelle operazioni di rapina del danaro pubblico.Il Palazzo calabrese continua ad essere abitato dai rapaci, vecchi e nuovi di ogni colore politico. Negli uffici pubblici trionfa la corruzione generalizzata. Negli ospedali si muore per incuria ed insipienza ma nessuno viene punito. Le imprese mafiose esercitano la loro egemonia sull’intero tessuto produttivo regionale. La legalità è quasi derisa ed il fascino della mafia cresce nelle nuove generazioni. La coscienza servile è ritornata prepotente anche tra i giovani forniti di titoli di istruzione superiore e nella politica trionfano i peggiori. La moralità pubblica resta un “dover essere che non è”. Il federalismo fiscale in arrivo impoverirà ulteriormente la nostra Regione, la disoccupazione crescerà ancora, ma nessun sacrosanto ribellismo sociale è all’orizzonte.In questa palude putrescente c’è bisogno ancora di “Cultura calabrese”?Credo di si, perché anche la stampa regionale, pur cresciuta per numero di testate quotidiane, vivendo in gran parte di sovvenzioni pubbliche, non brilla per coraggio ed indipendenza, non conduce battaglie dure contro la corruzione dominante ed i corrotti, non aiuta i calabresi nella ricerca di nuove strade per la liberazione dal servaggio dei nuovi e vecchi feudatari politici.
Il percorso sarà ancora una volta difficile e tortuoso ma io spero che tutti quei Calabresi non ancora proni ai potenti, culturalmente onesti e desiderosi di “non darsi per vinti”, vorranno sostenere questo “periodico”, forse unico nel panorama dell’editoria calabrese, comprandolo in edicola o abbonandosi. Questo io penso, ma che ne pensano i nostri lettori? Aspettiamo tante loro lettere con opinioni, idee, suggerimenti, proposte, critiche e dissensi anche.

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