Chi scrive le nuove regole deve guardare alle esperienze che non mostrano debolezza e che tengono in alto la bandiera del buon credito e di una finanza onesta, al servizio del cittadino.
Un prestito obbligazionario andato a ruba lo evidenzia.
7 ottobre 2008 - Una banca che sfida la finanza tradizionale e aderisce ad una scala di valori nel rispetto della sostenibilità economica invece della creazione di valore per gli azionisti. E’ questa la testimonianza che oggi Banca Etica vuole mettere sulla bilancia su cui pesare il valore di un mercato fallimentare e che catalizza ormai solo critiche e negatività. Aprendo persino nuovi scenari di speculazione – c’è sempre chi guadagna, come gli sciacalli dopo il terremoto – e facendo correre il rischio che per gestire l’emergenza si perda nuovamente di vista l’epicentro del sisma e le soluzioni più adeguate.
“Fino ad oggi ci siamo trattenuti dal parlare. Non volevamo essere confusi con i grilli parlanti. Ma diventa essenziale oggi il nostro contributo. Noi vogliamo essere un testimone nel tribunale che ha messo le banche e la finanza sul banco degli imputati. Forse siamo un testimone contro, vista la nostra scelta, ma chissà che da un processo giusto vengano fuori elementi per ripartire. Non da zero ma dal buono che c’è. Le regole non possono essere scritte da chi le ha violate o interpretate a proprio appannaggio. Né possono rispondere ad una crisi endogena del sistema senza valutarne le alternative già esistenti”. Fabio Salviato, presidente di Banca Popolare Etica.
“Beck, Stilgitz, Roubini e molti altri – tra cui Banca Etica – sono stati inutili profeti. La crisi maturava da tempo. Vero che ce ne sono state molte ma questa è una crisi profondamente etica. Accanto a numeri oramai impronunziabili, di fronte ai quali il piano Usa fa la figura di un davide che combatte golia, c’è una profonda ferita sociale. Ora non è certo il momento di allargare il fronte dei critici, purtroppo. Ma leggere che il Ceo di Unicredit fa ammenda – un po’ tardi, direi – e che chiami con sé nel declino il mestiere dei banchieri non lo accetto. Si può essere banchieri attenti e responsabili, e si può fidelizzare la clientela con servizi e prodotti onesti e sostenibili nel tempo” lo dice Mario Crosta, direttore dell’unica banca etica in Italia.
Siamo in un paese in cui le prime banche del sistema vendono derivati agli enti locali, strozzandone la capacità di sviluppo e di autonomia finanziaria o fanno cordate per comprare un’azienda pubblica a prezzo d’asta lasciandone però i debiti ai cittadini contribuenti. Che – ricordiamo, per inciso - non sono tutti. Etica è anche questo. Facile evocarla e trasformarla in una liana per saltare da un albero all’altro, difficile applicarla con coerenza e ancora più difficile riconoscere il merito a chi ne ha fatto una prassi. “Forse il cambiamento può passare già da questo. Ammettere che c’è un’alternativa e che qualcuno ne è degno rappresentante. Riconoscere insomma a una concorrenza – piccola ma agguerrita – il vantaggio di applicare pratiche economiche sostenibili pur se alternative e applicarle senza nessuna velleità di sacrificio economico ideologico. Noi siamo in piedi, e siamo forti, nella nostra differenza” riprende Salviato.
“Fino ad oggi ci siamo trattenuti dal parlare. Non volevamo essere confusi con i grilli parlanti. Ma diventa essenziale oggi il nostro contributo. Noi vogliamo essere un testimone nel tribunale che ha messo le banche e la finanza sul banco degli imputati. Forse siamo un testimone contro, vista la nostra scelta, ma chissà che da un processo giusto vengano fuori elementi per ripartire. Non da zero ma dal buono che c’è. Le regole non possono essere scritte da chi le ha violate o interpretate a proprio appannaggio. Né possono rispondere ad una crisi endogena del sistema senza valutarne le alternative già esistenti”. Fabio Salviato, presidente di Banca Popolare Etica.
“Beck, Stilgitz, Roubini e molti altri – tra cui Banca Etica – sono stati inutili profeti. La crisi maturava da tempo. Vero che ce ne sono state molte ma questa è una crisi profondamente etica. Accanto a numeri oramai impronunziabili, di fronte ai quali il piano Usa fa la figura di un davide che combatte golia, c’è una profonda ferita sociale. Ora non è certo il momento di allargare il fronte dei critici, purtroppo. Ma leggere che il Ceo di Unicredit fa ammenda – un po’ tardi, direi – e che chiami con sé nel declino il mestiere dei banchieri non lo accetto. Si può essere banchieri attenti e responsabili, e si può fidelizzare la clientela con servizi e prodotti onesti e sostenibili nel tempo” lo dice Mario Crosta, direttore dell’unica banca etica in Italia.
Siamo in un paese in cui le prime banche del sistema vendono derivati agli enti locali, strozzandone la capacità di sviluppo e di autonomia finanziaria o fanno cordate per comprare un’azienda pubblica a prezzo d’asta lasciandone però i debiti ai cittadini contribuenti. Che – ricordiamo, per inciso - non sono tutti. Etica è anche questo. Facile evocarla e trasformarla in una liana per saltare da un albero all’altro, difficile applicarla con coerenza e ancora più difficile riconoscere il merito a chi ne ha fatto una prassi. “Forse il cambiamento può passare già da questo. Ammettere che c’è un’alternativa e che qualcuno ne è degno rappresentante. Riconoscere insomma a una concorrenza – piccola ma agguerrita – il vantaggio di applicare pratiche economiche sostenibili pur se alternative e applicarle senza nessuna velleità di sacrificio economico ideologico. Noi siamo in piedi, e siamo forti, nella nostra differenza” riprende Salviato.
“Noi non creiamo prodotto da collocare, usando le sirene del facile guadagno o dello stile di vita accessibile a tutti. Ascoltiamo il territorio, le persone, i bisogni e adeguiamo i servizi bancari e finanziari alle tasche ma anche alle esigenze reali dei cittadini. L’ultimo prestito obbligazionario esaurito molto prima della scadenza dei termini per la sottoscrizione ci conforta sulla fiducia dei nostri clienti. Stiamo pensando di emetterne un altro. La nostra caratteristica di banca fondata sulla finanza etica è la carta vincente in questa crisi. Ma non abbiamo da soli la forza di spostare l’ago della bilancia. Possiamo però dare un contributo al sistema economico-finanziario nel formulare ipotesi di ripresa: ricostruire fiducia con regole chiare e trasparenti e mettere al centro della nostra azione la persona e il suo futuro ” conclude Crosta.
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